AUTONOMIA DIFFERENZIATA, MINACCIA ALL’UNITA’ DELLA NAZIONE.
AUTONOMIA DIFFERENZIATA, MINACCIA ALL’UNITA’ DELLA NAZIONE.
Nel film “Palombella rossa”, Nanni Moretti esprimeva un concetto di profonda saggezza, e cioè: “Le parole sono importanti”. Questa affermazione riflette una verità universale, che merita di essere approfondita nel dettaglio.
Il termine “differenziato” è un aggettivo utilizzato per indicare una distinzione o caratteristiche uniche rispetto a quelle di un altro. Inoltre, è participio passato del verbo “differenziare”, che implica il rendere qualcosa diverso o distinguibile da un’altra cosa.
Il significato di questa parola, come quello delle altre, può variare a seconda del contesto in cui la si utilizza; ma quando questa è associata a un’altra parola, al concetto di “autonomia”, può suscitare preoccupazioni oggettive su implicazioni negative.
Queste preoccupazioni non sorgono certamente solo dalla resistenza al cambiamento o dall’impulso luddista di opporsi al progresso. Esistono, anzi, rischi reali per l’unità dello Stato e per la vita dei cittadini, in particolare per i lavoratori, derivanti dall’attuazione di politiche di autonomia differenziata.
Il disegno di legge, conosciuto anche come, Disegno di legge Calderoli, è stato recentemente approvato al Senato con un sostegno significativo di 110 voti favorevoli a fronte di 64 contrari e 3 astenuti ed è ora in procinto di essere esaminato nuovamente dalla Camera dei Deputati per la seconda lettura.
Il presente decreto mira a dare attuazione al terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, sul cosiddetto “Regionalismo differenziato”, che consente di concedere per l’appunto alle Regioni ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia mediante un accordo tra le Regioni stesse e lo Stato.
Le 23 materie interessate da questa disposizione sono quelle soggette a legislazione concorrente, come specificato nell’articolo 117 della Costituzione. L’elenco di queste non è solo chiaramente molto esteso, ma si da il caso che comprenda materie di rilevanza nazionale.
E quale sarà il metodo di finanziamento per sostenere questa iniziativa? È ipotizzata la partecipazione a uno o più tributi nel territorio della Regione che ne fa richiesta. Così, oltre alla preoccupazione per la frammentazione e la possibile disgregazione istituzionale, sorge anche l’inquietudine per un’eventuale e molto probabile secessione messa in atto dalle Regioni più ricche.
A chi solleva questo tipo di dubbio, solitamente alcuni individui tendono a contrattaccare facendo riferimento all’esistenza dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), che il Governo è tenuto a riconoscere prima e tramite appositi decreti. Ma l’idea dell’autonomia differenziata è diventata sempre più oggetto di controversia nel contesto politico italiano, e non è certamente un caso che sia stata promossa da partiti regionalisti e portata avanti proprio da questo Governo.
Un decentramento amministrativo di questo genere, che favorisce le Regioni che ne fanno richiesta e che vengono ritenute meritevoli, in questi 23 settori chiave dell’intervento pubblico, potrebbe generare inefficienze economiche, diminuire il livello di trasparenza delle politiche pubbliche e addirittura complicare anche la situazione per gli investitori, che a questo punto dovrebbero adattarsi a regole regionali di volta in volta variabili. È chiaro che tale situazione potrebbe indebolire ulteriormente la già fragile stabilità finanziaria nazionale e favorire diseguaglianze tra le diverse aree del Paese.
Inoltre, va considerato che ciò minaccia l’efficacia e l’equità dei servizi pubblici, poichè in un contesto in cui ogni Regione opera autonomamente, potrebbero emergere diseguaglianze nell’accesso all’istruzione, alla sanità e ad altri servizi essenziali. Inoltre, non va trascurato il fatto che tra le materie in discussione vi è anche quella del lavoro e che non è, ad esempio, così improbabile che i Contratti Collettivi Nazionali possano essere integrati o sostituiti da accordi regionali, creando una competizione tra lavoratori del nord e del sud.
È evidente, anche allo sguardo più inesperto, che l’attuazione dell’autonomia differenziata tra quelle Regioni già in difficoltà, non solo economiche, e quelle già più ricche, non farà che ampliare il divario economico esistente anzichè favorire la solidarietà e l’unità nazionale. Questa situazione solleva non solo questioni pratiche come quelle che abbiamo avuto modo di vedere, ma anche preoccupazioni di natura politica e identitaria.
In un momento di crisi globale così intenso, in cui la pressione continua a farsi sentire sempre forte, mantenere l’unità nazionale dovrebbe essere la priorità assoluta. Tuttavia, il Governo attuale continua a promuovere politiche che minano il senso di appartenenza alla Nazione e alimentano tensioni interne sempre più difficili da gestire.
Roberta Baiano