SUICIDI “DIETRO LE SBARRE”: IL GRIDO DI DOLORE DI POGGIOREALE
SUICIDI “DIETRO LE SBARRE”: IL GRIDO DI DOLORE DI POGGIOREALE
Il 16 marzo eravamo in tanti al presidio organizzato davanti al carcere di Poggioreale per dare voce a una realtà che diventa ogni giorno più allarmante, quella dei suicidi.
Non eravamo tanti quanto invece è grande il problema.
Come ha sottolineato il Garante dei detenuti Prof. Ciambriello, se per ogni detenuto ci fossero stati tre persone, il presidio avrebbe contato almeno 6000 persone.
Purtroppo, la società è ancora poco sensibile a ciò che accade.
Se sei detenuto è per colpa tua, non si riesce ad andare oltre. Ma la domanda vera è: perché un uomo o una donna seppur colpevoli devono penare così tanto?
Chi non conosce la realtà del carcere non capisce l’inferno che vive chi ci entra.
Dall’inizio del 2024 contiamo già tanti morti per suicidio in tutta Italia, e alcuni di questi si sono suicidati proprio nel carcere di Poggioreale.
La questione è molto complessa poiché vi è rinchiusa quella parte di umanità più fragile, persone con problemi, poveri, marginali senza dimora, tossicodipendenti, immigrati, persone con problemi di salute mentale, malattie, persone che dovrebbero essere prese in carico per interventi di cura e invece vengono abbandonate a se stesse.
Anche qui la domanda vera è: sono inseriti in un percorso di rieducazione? Purtroppo, no.
Sono “solo” rinchiusi.
Poggioreale presenta delle carenze strutturali importanti: sovraffollamento, spazi che non garantiscono igiene, libertà di movimento e che mortificano ogni giorno la dignità di ogni essere umano recluso.
“La rieducazione” è un’utopia, anzi si continua a danneggiare queste persone.
È impossibile garantire a ogni detenuto un programma trattamentale personalizzato perché non ci sono le condizioni.
Tutto per poi perdere le cose che prima si possedevano: ruoli, relazioni e affettività.
E tutte queste perdite possono solo produrre gravi danni psicologici.
Bisogna, quindi, dare una nuova struttura al sistema penitenziario, sensibilizzare la società, perché il carcere ha bisogno della società, ed è necessario incentivare, laddove possibile, le misure alternative alla detenzione.
Antonietta Mellone
Assistente Sociale Pedagogista
Leonardo Impegno