Aforisma Rosa: La statua della donna che allatta a Milano. La Venere degli stracci a Napoli

 

 

Aforisma Rosa: La statua della donna che allatta a Milano. La Venere degli stracci a Napoli

                                                               di Giovanna Borrello

 

Come mai, mi chiedo, nelle nostre città più importanti del Sud Italia (Napoli) come del nord Italia (Milano) ci sono movimenti di rifiuto da parte sia di istituzioni comunali che di cittadini rispetto a opere che rappresentano figure femminili?

 

Cominciamo da Napoli! 

Premesso che non comprendo l’Arte Pop, e se fossi stata io un’autorità comunale non avrei fatto esporre in una pubblica piazza la Venere degli stracci. 

La Venere è alquanto bruttina, non bella e manco tanto brutta da rientrare in una corrente artistica vicino allo “scomposto” Skopas, l’opposto del classico ed equilibrato Fidia. 

 

Qui in Campania, fece specie anche la statua restaurata della Spigolatrice di Sapri, considerata troppo spinta, al punto che qualcuno la paragonò a una prostituta. 

 

In questo caso l’atteggiamento sessista di una cultura atavica mi pare chiaro; quello, invece, della ostilità alla Venere degli stracci è un sessismo più sottile. 

 

Esprime, da parte dei più che criticano l’opera, una visione di divinità femminile che non deve essere profanata accostandola a degli stracci.  Erige la figura femminile di donna sul piano dell’irreale e ideale di una divinità, come solito gioco di sublimare per non riconoscere poi le donne in quanto carne e ossa.   

 

Veniamo a Milano e alla statua Dal latte materno veniamo che rappresenta una donna che allatta-Qui è ancora più evidente il rifiuto della differenza sessuale, nel rifiuto da parte maschile della propria origine, ossia dell’essere nato da donna. 

La motivazione del veto operato dalla Commissione competente, composta sia da membri del Comune che della Sovraintendenza e trascritta nel verbale, è che la scultura rappresenta “valori rispettabili, ma non universalmente condivisibili da tutti i cittadini”.  

 

Come se non fossimo tutti provenienti dal latte materno, con il latte operato come metafora.

Come se non fossimo tutti uomini e donne nati da donna.

Cose, queste, che seconde alla morte rappresentano le universali verità del mondo. 

 

È evidente, allora, che molti provano fastidio a pensarsi “nati da donne”. 

Occultano la loro origine e, quindi, non vogliono che venga spiattellata in pubblica piazza. Suggeriscono di donarla (Ahi me!) a un istituto privato, un ospedale o addirittura a un istituto religioso, nonostante la statua non abbia alcun elemento che possa rimandare lontanamente a un’immagine sacra, se non fosse per il cognome dell’autrice Vera Omedeo che, per ironia della sorte, deriva dalla radice di homo e deus.  

 

Vengono in mente le parole di Irigaray, il quale giustamente afferma che l’unica rappresentazione del materno che il simbolico maschile sopporta, è quello rappresentato dalla Madonna con il bambino Gesù. 

 

Vi starete chiedendo, quale è la morale della favola, ossia dell’aforisma?

Ogni mondo è Paese, e troviamo NORD E SUD uniti nella lotta per l’occultamento della differenza sessuale.