Caffè e sottolineature – recensione di “A schiovere”

Caffè e sottolineature – recensione di “A schiovere”

 

Una delle fortune che mi è capitata nella vita è stata sicuramente quella di crescere in una casa piena di libri, per cui ho sempre avuto qualcosa da leggere anche se non avevo dei soldi miei con cui comprarli.

Il primo libro di Erri De Luca che ho letto, l’ho trovato nella libreria di mio padre e si trattava di una copia di “Non ora, non qui”. Copertina bianca, lucida. Una foto di famiglia in bianco de nero. Prima edizione Feltrinelli del 1989, e primo romanzo scritto da Erri De Luca.

È stato amore da subito. 

Più tardi, nella stessa libreria ne avrei trovati altri.

Inutile dire che i libri che ho letto, sono poi diventati miei. Questo perché ho l’abitudine di sottolineare le frasi che mi fanno male al cuore con gli evidenziatori colorati e di solito, proprio per questo, poi nessuno li vuole più. 

Poco male.

Nel caso dei libri di Erri De Luca comprati da mio padre è stato toccante, ad esempio, scoprire di aver sottolineato le stesse frasi. Lui a matita. 

Lo è stato perché ho sentito chiarissimo che mentre io sottolineavo le cose che mi ricordavano di lui, lui aveva fatto lo stesso probabilmente pensando alla madre. Mia nonna.

Divago.

Oggi sono qui per parlare dell’ultimo libro di Erri De Luca acquistato, questa volta, in due copie: “A schiovere – Vocabolario napoletano di effetti personali”. 

In due copie perché un giorno ci siamo incontrati in corridoio e mi è stato chiesto se avessi visto che era uscito un nuovo libro; io ovviamente avevo risposto che, sì. Avevo visto, avevo visto. Lui, allora, ha concluso che avremmo dovuto comprarne una copia e che prima lo avrei letto io, e poi lo avrebbe letto lui.

Solo che poi è successo che non smetto mai di parlare di libri e allora una persona che mi ama molto, mi ha regalato una copia. Così ho pensato di continuare la catena, e questa volta mio padre si potrà godere una copia tutta sua del libro, e magari, tenerselo.

Divago ancora.

In copertina troviamo su uno sfondo azzurro cielo una caffettiera napoletana che contribuisce subito a regalare al libro il borbottio del caffè che sale, assieme al suo profumo. Dentro, c’è la musica tipica della scrittura di questo autore. 

Sì, perché i libri di Erri De Luca suonano di una musica che sa di caldo, di intimo, di ricordi, di affetti. Suonano di una musica che sa di amore, perdita, significato, identità. Suonano di sensibilità e riflessione.

Anche qui ritroviamo la sua capacità di racchiudere l’essenza delle emozioni nella bellezza delle parole. Parole belle, chiare, potenti che riescono a disegnare, a dipingere, veri e propri quadri; che riescono a sfogliare vecchi album di fotografie e carta velina bianca.

Libri che ti tirano dentro, ti spettinano, ti “scamazzano”, ti “scutuleano” e poi ti risputano fuori alla fine, forse un poco stordito, ma comunque un poco più vicino a te stesso.

A schiovere non fa certamente eccezione, e anzi avendo a che fare con la nostra madrelingua, il napoletano e, dunque, con la memoria e il racconto di una certa antica tradizione che tutti noi napoletani ci portiamo dentro, lo fa anche se diversamente, proprio come gli altri.

Insomma, si inserisce con maestria all’interno di un viaggio verso il profondo, e spero che a te che leggi, vada di intraprenderlo.

 

Roberta Baiano