GUARDATEVI DALLE IMPOSTURE DEL FINTO PATRIOTTISMO!
GUARDATEVI DALLE IMPOSTURE DEL FINTO PATRIOTTISMO!
di Roberta Baiano
Iniziamo subito questo pezzo di giornale con una solenne dichiarazione: “la politica è comunicazione”.
Applausi. Trombe. Fanfare.
Ma, c’è un però.
Quando questa comunicazione diventa soprattutto comunicazione, allora si rischia di entrare nel regno dell’assurdo.
E chi sono i protagonisti del nostro regno? Niente poco di meno che il Presidente del Consiglio e i suoi Ministri.
Così, non solo dobbiamo sentirci dire che bisogna tutelare l’etnia italiana, che Dante era di destra (perché non gli bastava Tolkien) e che Colombo era Nostradamus, ma ci spetta anche un quarto d’ora di discorso senza contraddittorio del Presidente del Consiglio. Post-Berlusconiana in molti sensi, solo all’apparenza impeccabile.
Un plauso va sicuramente fatto ai suoi Spin-doctor e ai suoi Social Media Manager, il cui approccio sembra muoversi nel verso di una risoluzione dei problemi che si basa sulla strategia di distrarre l’elettorato, anziché concentrarsi su fatti sostanziali. Che mancano, ma che non li riguarda se non in quanto cittadini di questo Paese.
La attaccano sulla famiglia non convenzionale? Ci liberiamo del compagno piuttosto molesto, e già che ci siamo le regaliamo anche un nuovo taglio di capelli.
Perché si sa, quando le donne tagliano i capelli…
Dall’incoronazi… ops. Dal giuramento si veste solo di nero?! La vestiamo di colori pastello. Come si fa in campagna elettorale. Come la Merkel. Come la Queen.
Dicono che opera nei fatti una censura nei confronti dei giornalisti e non solo? Che spadroneggia in Rai? Si sono inventati “Telemeloni”? Appropriamoci del termine e creiamola davvero. Una bella giacca, una bella piega, il tricolore alle spalle e vai con lo zoom che si sposta a ogni capoverso.
È così, per la cronaca, che abbiamo vinto ben quindici minuti di monologo sull’autonomia differenziata che comunque non ci ha lasciati senza dubbi e riflessioni, anzi.
Innanzitutto, Giorgia detta Giorgia, nota per la sua eloquenza, in questi quindici lunghissimi minuti, ha affrontato punto per punto le accuse e agli attacchi, a suo dire, costruiti dalle “sinistre di ogni colore” alle destre, specialmente in opposizione alla riforma da poco approvata dell’Autonomia Differenziata.
Successivamente ha sottolineato che, come altre cose portate avanti dalla destra, si trattava di argomenti già ipotizzati da noti esponenti di sinistra ed ex capi di governo dello stesso schieramento. La qual cosa, qualcuno le spieghi, non fa altro che sollevare ulteriori interrogativi in merito alla creatività e all’originalità delle proposte politiche che sono in grado di portare avanti.
È stato affrontato anche l’argomento ipocrisie. Di quanto sia facile smontarle.
Sì.
Ma senza un contraddittorio adeguato, rischia solo di offendere l’intelligenza di tutti noi.
Punto cruciale è l’attenzione che hanno intenzione di riporre sui LEP, i livelli essenziali di prestazione, di cui abbiamo sentito tutti molto parlare.
La premier ha affermato chiaramente che sono fondamentali per evitare che esistano cittadini di serie A e cittadini di serie B, e che per questo approfondiranno l’argomento e sapranno come renderli calcolabili.
Forse una prossima puntata di questo podcast potrebbe proprio chiarirci questo aspetto.
Appena lo avranno chiaro anche loro, ovvio.
Qualora e se, dovesse mai succedere.
Il pezzo forte è stato il goffo tentativo di citare a proprio favore il rapporto Svimez 2023. Peccato che nei fatti il testo dica l’esatto contrario proprio sull’argomento principe del suo videomessaggio.
Infatti, nel rapporto si definisce anacronistico il progetto attuativo dell’autonomia differenziata senza un federalismo fiscale, e considerati soprattutto gli shock che l’economia e la società italiane hanno subito negli ultimi tre anni.
È che, più nello specifico, l’autonomia differenziata così come delineata dal Governo, espone l’intero Paese a rischi di indebolimento della capacità competitiva e a una frammentazione insostenibile delle politiche pubbliche.
Il tutto va a concludersi con una frase trovata su un caduto e in disuso Tumblr, che li dipinge come dei veri patrioti che sanno sempre in quale verso il vento fa sventolare la nostra bandiera.
Ed eccoci qui Signore e Signori.
Quindici minuti per dire tutto e niente.
Il Presidente del Consiglio, con il suo sorriso impeccabile e le sue frasi fatte, ci spiega come si intendono e si risolvono i problemi atavici del mondo, pur mancando del dono della sintesi e dell’umiltà.
I Ministri, a contorno, novelli Robin Hood della meritocrazia, si esibiscono in balletti di dichiarazioni non solo senza senso e poggiate sul nulla più cosmico, ma anche errate sia dal punto di vista dell’interpretazione che dell’ordine cronologico degli eventi.
La Premier e non solo, sono soliti creare teatrini e caricature pur di distogliere l’attenzione dell’elettorato dalle questioni davvero importanti, guadagnando così il loro voto (o la loro astensione). Fino ad ora li ha portati dove sono.
È a noi che adesso spetta far comprendere che un approccio populista può essere sì, efficace per guadagnare consensi, ma non è più tollerabile e tollerato, poiché non garantisce competenza nella gestione del Paese.
A noi spetta far comprendere che essere popolari non dovrebbe essere l’unico criterio per governare.
A noi spetta far comprendere davvero cosa vuol dire essere meritocratici.
Premiare la competenza.
E la competenza richiede conoscenza, esperienza e capacità di affrontare sfide reali.
Essere all’altezza delle responsabilità e non cercare di mascherare le critiche con spettacolini mediatici.
A noi spetta far comprendere che questa strategia di distrazione forse può funzionare a breve termine, ma la verità alla fine emerge sempre.
E la verità è che sono non solo incompetenti, ma anche saccenti.
A noi spetta riabilitare il nostro appellativo di “elettori” e di “cittadini consapevoli”, dimostrando di essere ancora in grado di valutare al di là delle apparenze e al di là delle retoriche.
Voglio concludere anche io con una frase a tema vento, ma decido di prenderla in prestito da Seneca.
Due punti.
“Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare”.