L’eterno visionario e genio svelato
L’eterno visionario e genio svelato
di Roberta Baiano
Se potessi dare più di cinque stelle a questo film, lo farei senza esitazione.
La regia e l’interpretazione degli attori si rivelano straordinariamente magistrali, rendendo questo lavoro un tributo straordinario alla complessità della figura di Luigi Pirandello.
Ogni elemento è calibrato con una cura quasi maniacale, contribuendo a creare un racconto vivido e coinvolgente, capace di affascinare non solo gli appassionati delle sue opere, come me, ma anche chi gli si avvicina forse per la prima volta.
Sono rimasta profondamente colpita dalla capacità di restituire con sensibilità, accuratezza e profondità aspetti anche inediti della sua vita privata e della sua quotidianità.
Il regista, con maestria, riesce in ogni scena a svelare un tassello nascosto del suo universo creativo dando una nuova luce al legame tra le esperienze più intime di Pirandello e i temi universali affrontati nei suoi scritti.
Pirandello emerge, così, in tutta la sua grandezza e, al contempo, anche nella sua fragilità: un uomo quasi consumato dalle sue ossessioni creative e dalle sue maschere.
Queste lo spingono quasi oltre il limite della vita come finzione e della finzione come vita, incarnando in modo esemplare la filosofia pirandelliana che tanti di noi hanno amato nelle sue opere.
Il momento che ho di gran lunga preferito e che considero di altissimo impatto riguarda la scena del monologo allo specchio.
In questa sequenza, Bentivoglio, nei panni di Pirandello, sfonda la quarta parete trasformando lo spettatore nel suo specchio.
È come se, guardandovisi, vedesse riflessa la sua anima e, allo stesso tempo, quella dello spettatore.
Lo specchio, quindi, non è più oggetto statico, ma si trasforma in un canale.
Un canale attraverso cui l’attore trasferisce emozioni e pensieri, trasformando chi guarda nell’estensione del proprio io.
Così lo spettatore diventa oltre che interlocutore muto, un silenzioso confidente di un’analisi profonda: sentimenti, delusioni, dolori, ferite e fallimenti di chi parla si riversano in chi ascolta in una confessione tanto vera, quanto intensa.
Un’esplorazione della consapevolezza di un’esistenza segnata dall’arte e quasi alienata dalla vita.
Il climax raggiunge il suo apice nel discorso per il premio Nobel che rappresenta la summa di tutto ciò che il film è stato capace di costruire fino a quel momento:
“Evolvendosi, il mio talento più vero mi ha reso del tutto incapace di vivere, come si conviene a un vero artista, capace soltanto di pensieri e sentimenti. Pensieri perché sentivo, e sentimenti perché pensavo”.
Questa frase, oltre a essere una riflessione folgorante sull’essenza dell’arte, sigilla con straordinaria potenza emotiva l’intero viaggio cinematografico.
Il film, insomma, non si limita a raccontare solo la vita di Pirandello, ma è una finestra aperta sulla complessità dell’essere umano, sulle sue contraddizioni e sui suoi tormenti.
Con i titoli di coda il film non si esaurisce e questo capolavoro continua a rivolgerci il suo invito a riflettere, emozionarci e a tentare di vedere di più il mondo, e l’altro, con gli occhi inquieti, ma geniali di Luigi Pirandello.