
La perla dimenticata “Juninatten” (1940)
di Dionigi Zizza
Juninatten, o Notte di giugno, è un film della durata di un’ora e mezza, pressoché sconosciuto, diretto da un regista lontano dai riflettori.
Eppure, è una piccola perla: un’opera potente e metacomunicativa.
Realizzato nel 1940, è un film svedese del regista Per August Lindberg, noto soprattutto per la sua attività teatrale, in particolare sulle opere di Shakespeare.
La fotografia è delicata, capace di valorizzare i primi piani di tutte le attrici, in particolare di Ingrid Bergman, la cui recitazione lucida, espressiva e al contempo fanciullesca pone il giusto accento sulla trama.
Questa notte di giugno diventa quasi un omaggio della Svezia alla sua artista.
Molte scene si distinguono per l’uso di primi piani silenziosi e intensi, ricchi di sottintesi.
Le battute sono spesso scarne e semplici, ma le immagini riempiono quei vuoti con sguardi più eloquenti delle parole, un tratto tipico dei film più comunicativi ed emotivamente incisivi.
La colonna sonora si compone prevalentemente di musica classica alternata a momenti di silenzio.
In alcuni passaggi, la musica del film si fonde con la realtà della scena, suonata dai personaggi stessi, come avviene con il flauto che intona Fur Elise di Beethoven.
Ma di cosa parla Juninatten?
La trama è semplice e ruota attorno all’amore e alla femminilità.
Kerstin, una giovane ragazza chiamata, comprende che la sua storia con un marinaio Nils è ormai finita.
Una sera si decide a lasciarlo, ma lui, le spara nonostante il suo intento iniziale fosse suicidarsi davanti a lei come prova estrema di amore nei suoi confronti.
Il proiettile la colpisce sfiorandole il cuore e un’operazione miracolosa per l’epoca le salva la vita.
Gli eventi iniziali si susseguono rapidamente: in cinque minuti, massimo sei minuti, tutto è già accaduto.
Kerstin è sola, spaventata e oppressa dal senso colpa.
Durante il processo, come ne Lo straniero di Camus, il dibattito non verte sui fatti, ma sui costumi e presunta amoralità dell’imputata, che da vittima diventa carnefice.
I giornali cercano lo scoop sensazionale, ma il giovane giornalista che la fotografa in aula cambia improvvisamente prospettiva: la bellezza della ragazza lo colpisce a tal punto da modificare il titolo del suo articolo, in un più poetico Cigno Ferito, contro il parere di tutti.
Anche il direttore fa lo stesso e si ricrede.
Ormai sulla bocca di tutti, Kerstin fugge dal suo paese natale e si trasferisce a Stoccolma sotto il nome di Sara Nordana.
Costretta a cambiare stile di vita, reprime il desiderio di libertà e avventura che la rende così speciale: il suo cuore malato non può più reggere emozioni forti.
Cosicché anche dal film sembra giunta la condanna moralista: è privata dell’amore, punita per il suo passato.
Ma la narrazione prende una piega inaspettata.
A Stoccolma, stringe amicizia con un gruppo di ragazze, legate inconsapevolmente al suo passato e al suo futuro.
Ognuna di loro, per preservare la propria dignità agli occhi della società, rinuncia all’amore e alla libertà di un bacio, sperando solo nel matrimonio.
Uno dei fidanzati del gruppo, un medico, si invaghisce di Sara e tenta in ogni modo di avvicinarla, arrivando a scoprire la sua vera identità.
Ma lei rimane sempre distante, alimentando il desiderio e il mistero.
Le inquadrature rendono bene questa distanza e inafferrabilità.
Non può essere come le altre e la sua solitudine la costringe a convivere col fantasma del suo passato.
Le sue amiche, ignare della sua identità, le confessano di odiare il misterioso “cigno ferito”, la cui fama influisce sui loro fidanzati, tra cui il giovane giornalista che l’aveva fotografata in tribunale.
Kerstin cerca di aiutarle e tra loro farle stare meglio e tra loro nasce un affetto sincero, ma resta una barriera: possono comunicare con lei solo dietro la maschera di Sara.
Lo spettatore percepisce l’ingiustizia della situazione: Kerstin è benvoluta solo perché si è adeguata, rinunciando alla sua essenza.
Con un’abile sceneggiatura e una regia attenta, Lindberg evidenzia la sua alienante solitudine: se la sua vera identità venisse rivelata, tornerebbe a essere solo la ragazza di cui tutti sospettano.
E poi arriva una notte di giugno in cui il passato ritorna.
Nils torna da lei, mentre un vecchio passante, con un monologo dal sapore shakespeariano, suggerisce che in una notte magica tutto può succedere.
Lei è spaventatasi sente in trappola.
Deve decidere se rimanere intrappolata nell’equilibrio precario che si è costruita o se trovare il coraggio di essere se stessa, ma in gioco non ci sono solo i suoi sentimenti, bensì anche la realtà delle nuove amiche che ha incontrato.
Il film non ha un finale netto: la stessa protagonista non è pienamente artefice del proprio destino, ma viene trascinata dagli eventi.
Lindberg costruisce personaggi femminili di grande spessore, nessuna di loro è pienamente innocente o colpevole, hanno tutte luci e ombre.
Questa complessità dà spessore alla trama, rendendo alcune scene angoscianti, altre cariche di suspense, altre ancora sorprendentemente liberatorie.
La scelta finale non è scontata come si crede. Tra una via più comoda e una più rischiosa, entrambe presentano contraddizioni.
Il finale non stabilisce ciò che è giusto o sbagliato, ma lascia emergere i personaggi scolpiti sia dal contesto storico, sia dalle loro aspirazioni.
In definitiva, Juninatten è una rivelazione: un film coraggioso e modernissimo, che non cerca di definire il bene e il male, ma esplora il desiderio di felicità della sua protagonista.
Voto: 8+