Caso Ilva: sentenza storica della Cassazione

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Caso Ilva: sentenza storica della Cassazione

 

di Luca Orlando

 

La Corte Suprema ha recentemente emesso una sentenza, n. 6351/2025, che riconosce la responsabilità diretta di un dirigente d’azienda per i danni causati all’ambiente dalle emissioni inquinanti dell’impianto da lui diretto. 

Questa sentenza segna un cambiamento radicale nelle strategie di tutela dei diritti dei proprietari terrieri colpiti dall’inquinamento industriale. 

 

Il caso in questione riguarda il direttore dello stabilimento ex Ilva di Taranto, condannato a risarcire trentuno residenti del quartiere Tamburi, quartiere quest’ultimo che si caratterizza per la sua vicinanza alle zone industriali e per l’elevata concentrazione di agenti contaminanti nell’aria.

 

Le emissioni di polvere di carbone rilasciate dall’impianto tra il 2009 e il 2012 hanno pesantemente compromesso la qualità della vita degli abitanti del quartiere: le finestre e le case sono state costrette a rimanere chiuse per lungo tempo e le terrazze e i balconi sono diventati impraticabili; le facciate delle abitazioni sono state danneggiate dal nero della polvere. 

 

La Corte ha stabilito che il valore delle proprietà coinvolte è diminuito complessivamente del 5%.

 

La decisione della Corte deriva dalla convinzione dei giudici che emissioni nocive abbiano determinato una violazione del diritto fondamentale al pieno godimento   della   proprietà   privata, sancito dalla Costituzione. 

 

Il deterioramento dell’ambiente ha non solo danneggiato le strutture fisiche delle case, ma ha anche limitato la capacità degli abitanti di fruire degli spazi esterni e di condurre una vita sociale normale.

 

Un elemento innovativo di questa sentenza è il fatto che la responsabilità non è stata attribuita solo all’azienda, ma anche al suo dirigente principale. 

Il Tribunale, infatti, ha sottolineato che il titolare dello stabilimento aveva una posizione di garanzia e un dovere di adottare tutte le misure necessarie per evitare la diffusione delle polveri nocive. 

 

L’inadempimento di tali misure lo rende direttamente responsabile dei danni causati ai residenti.

Si tratta di un’affermazione che potrebbe avere delle conseguenze rilevanti per i proprietari di immobili situati in zone ad alto rischio ambientale. 

 

La possibilità di essere risarciti per i danni causati dall’inquinamento industriale rappresenterebbe un importante strumento di tutela dei diritti dei cittadini.

Inoltre, il coinvolgimento diretto dei dirigenti potrebbe stimolare un’attenzione maggiore alla gestione ambientale da parte delle industrie.

 

La decisione della Corte Suprema indica un progressivo aumento della responsabilità personale dei manager per i danni ambientali causati dalle attività industriali, potenzialmente portando a una maggiore consapevolezza nella gestione delle questioni ambientali e a una protezione più efficace dei diritti dei cittadini.

 

In conclusione, l’ultima decisione della Corte di cassazione potrà costituire un importante punto di riferimento nel sistema legale italiano, in quanto essa riconosce la responsabilità diretta dei dirigenti industriali per i danni ambientali derivanti dalle loro attività all’interno della società.