
Si arricchisce di nuovi sviluppi l’indagine sul tragico femminicidio di Martina Carbonaro, la 14enne di Afragola uccisa con brutale violenza dall’ex fidanzato, il 18enne Alessio Tucci. Dopo l’arresto del giovane, la famiglia della vittima ha deciso di affidarsi all’avvocato Sergio Pisani, che ha annunciato la collaborazione con la nota criminologa Roberta Bruzzone per supportare la difesa e ricostruire in modo più approfondito le dinamiche del delitto. Il caso, già drammatico di per sé, si complica ulteriormente per quanto riguarda il luogo del ritrovamento del corpo della giovane. Il cadavere di Martina è stato nascosto all’interno di un edificio adiacente al campo sportivo Luigi Moccia di Afragola, precisamente in un ex casolare che fungeva da casa del custode dello stadio e che ora rientra in un cantiere attivo finanziato con fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). A sottolineare la gravità della situazione è l’architetto Paolo Sibilio, consulente tecnico nominato dall’avvocato Pisani, che denuncia come quell’area avrebbe dovuto essere sotto rigorosa vigilanza. «Il corpo di Martina è stato nascosto nei locali sopra gli spogliatoi del palazzetto polivalente del centro sportivo, oggetto di lavori di ristrutturazione con fondi PNRR – spiega Sibilio –. Un cantiere attivo e pubblico che, per la sicurezza di lavoratori e cittadini, avrebbe dovuto essere interdetto e sorvegliato, invece è rimasto incustodito».
L’avvocato Pisani aggiunge un importante dettaglio: «Se l’omicidio fosse stato premeditato, la scelta di questo luogo non può essere casuale, la totale assenza di controlli ha rappresentato un invito a delinquere. Se invece non fosse stata una premeditazione, quel cantiere ha fornito all’assassino un’opportunità: la pietra usata come arma era lì, a portata di mano, e la tranquillità del posto ha permesso di agire indisturbato e occultare il corpo».
Nonostante le ripetute richieste formali di chiarimenti e documentazione inviate dall’architetto Sibilio all’ufficio PNRR, finora non è arrivata alcuna risposta. La famiglia di Martina e i loro legali ora chiedono maggiore trasparenza e responsabilità da parte degli enti coinvolti, per chiarire eventuali negligenze che potrebbero aver favorito una tragedia così orribile.