La paura fa… 666

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La paura fa… 666

di Roberta Baiano

 

Ho letto della polemica sulla pagina 666 di Trame del tempo con un senso crescente di disagio. 

E no, non per il numero – che al contrario fa sorridere, perché sembra fatto apposta – ma perché è il sintomo di qualcosa di molto più serio: la paura di affrontare la storia quando smette di essere comoda.

 

Tutto nasce da una nota del Ministero dell’Istruzione e del Merito, che ha scritto all’Associazione Italiana Editori chiedendo di “verificare” la correttezza dei contenuti di quel manuale. 

Un invito che sa di avvertimento – e non di altro – tanto più se si considera che l’AIE non ha alcun potere di censura, né competenza per intervenire sui testi. 

Ma tant’è.

 

Eppure, a ben guardare, basta leggere la tanto discussa pagina per accorgersi che non contiene alcuna rivelazione esplosiva.

Anzi racconta semplicemente la cronaca politica successiva al 2022, senza indorare la pillola. 

 

Parla di un’Italia che si è spostata verso una destra sempre più radicale, di un governo i cui linguaggi e alleanze ricordano quelli delle correnti ultraconservatrici d’Europa, e di politiche sui migranti, e non solo, che molti osservatori e anche organi nazionali e internazionali hanno definito restrittive, se non liberticide. 

È una lettura storica che può piacere o no, certo, ma che resta una lettura.

 

Forse il vero fastidio non nasce da quella pagina, ma da un intero contesto che chi la critica preferisce ignorare. 

Perché, se allarghiamo lo sguardo, negli ultimi due anni e mezzo non sono mancati elementi che meritano discussione: la quasi totale assenza ai festeggiamenti del 25 aprile bollata come “divisiva”, il lutto nazionale di cinque giorni per un Papa – capo di Stato straniero, non dimentichiamolo – le esortazioni a non votare al referendum, alte cariche dello Stato che si recano alle urne senza ritirare le schede, un’affluenza elettorale alle politiche crollata di nove punti percentuali rispetto al 2018. 

 

E ancora, cento decreti legge in poco più di 600 giorni di governo – uno ogni dieci giorni – la schedatura di cittadini che si sono dichiarati antifascisti, mentre nulla si è fatto contro nostalgici del saluto romano, l’infiltrazione di forze armate all’interno di Partiti dello schieramento opposto, il welfare smontato pezzo per pezzo, le crociate contro l’“ideologia gender”, l’informazione pubblica trattata come terreno di conquista – vedesi l’assalto alla Rai e le intercettazioni sui giornalisti –  i centri per migranti in Albania con tanto di inchini cerimoniali.

 

Beh, forse queste sono le cose che dovrebbero farci discutere

 

Ma invece di occuparsi di ciò che succede oggi, si preferisce accanirsi su una pagina di manuale che prova a raccontare gli eventi recenti con il linguaggio della storia. 

Forse chi trova eccessivo quel paragrafo dovrebbe prima studiare le precedenti 665 pagine, che raccontano di guerre mondiali, regimi totalitari e democrazie faticosamente ricostruite. 

Magari capirebbe che la storia non si misura in base al grado di simpatia che ci suscita, ma si studia per intero, con la fatica e la lucidità che richiede. 

 

E forse a quel punto il rammarico potrebbe trovare obiettivi un po’ più pertinenti di un manuale scolastico.

 

Intanto – e il Ministro farebbe meglio a concentrarsi su questo prossimo punto piuttosto che su altro – nelle scuole, quando va bene, i programmi di storia si fermano alla Guerra fredda. 

 

La maggior parte degli studenti, infatti, arriva a malapena a capire la divisione del mondo in blocchi, e solo chi ha la fortuna di incontrare insegnanti davvero appassionati riesce a spingersi oltre, fino per esempio alla Primavera araba. 

 

Tema che sarebbe già un buon punto di partenza per orientarsi in un presente – fatto di immagini strazianti che abbiamo di fronte agli occhi tutti i giorni – che cambia di continuo e che chiede risposte consapevoli. 

 

Invece di preoccuparsi di questo, del fatto che intere generazioni rischiano di crescere – e crescono – senza strumenti per leggere il loro tempo, ci si concentra su una pagina, come se fosse quella la vera emergenza.

 

No, Ministro, sorvegliare un manuale non renderà più oggettiva la storia. 

Non aiuterà i ragazzi a distinguere tra propaganda e fatti. 

E di certo non cancellerà ciò che è successo e succede. 

 

Perché la storia ha un brutto vizio.

Prima o poi torna a bussare.

Anche quando qualcuno preferirebbe lasciarla fuori dalla porta.