L’impegno si ferma al click.

L’impegno si ferma al click.

di Roberta Baiano

 

Negli ultimi anni, l’attivismo si è spostato online. 

Le piattaforme digitali – in particolare i social network – sono diventate il principale canale di diffusione di contenuti legati a cause civili e sociali: video brevi, grafiche informative, dirette. 

 

Gli utenti sono costantemente coinvolti, sollecitati a reagire, partecipare, rilanciare. 

La gamma dei temi è ampia: razzismo, clima, diritti, parità, linguaggio inclusivo. 

Tutto rientra sotto l’etichetta dell’attivismo digitale.

 

La questione, però, è che la visibilità non coincide con l’efficacia. 

 

Il fatto che un’informazione circoli non implica che produca conseguenze reali, ed è qui che si inserisce una definizione sempre più usata: slacktivism

L’attivismo pigro, cioè la partecipazione apparente basata su gesti minimi – un like, una condivisione, un commento – spesso confusa con l’impegno effettivo.

 

Molte persone diffondono contenuti per rafforzare un’identità pubblica coerente con determinati valori, ma raramente questa rappresentazione poi è accompagnata da scelte o comportamenti che abbiano un impatto nella vita quotidiana. 

Si prende in prestito materiale già in circolazione, lo si modifica, si risponde ad altri contenuti, si partecipa a catene. 

 

È la struttura stessa dei social a incoraggiare questo modello: veloce, reattivo, superficiale.

 

A complicare il quadro interviene la logica algoritmica. 

I contenuti che vediamo – come ben sappiamo – non sono neutri, anzi, sono selezionati in base alle nostre interazioni. 

L’algoritmo registra ciò con cui abbiamo già avuto a che fare e lo ripropone, alimentando il bias di conferma. 

 

Questo meccanismo rafforza convinzioni preesistenti, escludendo contenuti che potrebbero contraddirle o metterle in discussione. 

Il risultato è un ambiente chiuso, polarizzato, dove il dibattito viene sostituito da conferme a circuito chiuso. 

 

Le cosiddette bolle algoritmiche riducono la possibilità di confronto e trasformano la partecipazione in una sequenza di monologhi.

 

In un contesto così strutturato, la domanda sull’efficacia dell’attivismo online diventa inevitabile. Viene spesso confuso con l’attivismo vero e proprio, ma nella maggior parte dei casi si limita a una forma di adesione simbolica, con effetti minimi – se non nulli – sul piano materiale. 

Non modifica comportamenti, non cambia relazioni, non produce trasformazioni strutturali.

 

È, sì, un gesto che può rassicurare, alleggerire, far sentire presenti, ma difficilmente riesce a incidere.