Morte di Alhagie Konte: “Entrato sano, uscito in fin di vita”.Il dramma del 27enne gambiano morto nel carcere di Poggioreale
La morte di Alhagie Konte, 27 anni, originario del Gambia, riaccende i riflettori sulle condizioni sanitarie e umane nelle carceri italiane. Il giovane è deceduto pochi giorni fa all’ospedale Cotugno di Napoli, specializzato in malattie infettive, a causa di una tubercolosi in stato avanzato. Poche settimane prima, secondo quanto riferito da compagni e attivisti, era entrato nel carcere di Poggioreale in buona salute. La Procura della Repubblica di Napoli, guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri, ha aperto un’inchiesta per far luce sulla vicenda, disponendo il sequestro della salma e delle cartelle cliniche e ordinando l’autopsia per accertare le cause e i tempi del contagio.
Dal lavoro in carcere all’isolamento
Secondo quanto ricostruito dall’avvocata Lucia Esposito, che segue il caso insieme al Movimento Rifugiati e Migranti di Napoli, Alhagie godeva di buona salute e lavorava all’interno dell’istituto penitenziario.
«Era un lavorante, questo significa che aveva una condotta eccellente — spiega Esposito — e che non era considerato un detenuto pericoloso. Poi, improvvisamente, nel mese di luglio viene posto in isolamento. Non conosciamo ancora le ragioni». È dopo quel periodo di isolamento che le condizioni del ragazzo peggiorano drammaticamente. All’inizio di settembre comincia a lamentare tosse, febbre, gonfiori e debolezza estrema. Secondo le testimonianze raccolte dal legale, Alhagie avrebbe chiesto più volte aiuto medico, ma senza ottenere l’assistenza necessaria. Solo quando i compagni di cella lo accompagnano in medicheria, i sanitari del carcere si rendono conto della gravità della situazione e dispongono il trasferimento urgente al Cardarelli. Da lì, il ricovero al Cotugno, dove il giovane muore dopo sei giorni di agonia.
“Grave negligenza sanitaria”: le accuse
«Se fosse confermato che non ha ricevuto cure per settimane, ci troveremmo davanti a un caso di grave negligenza sanitaria», afferma l’avvocata Esposito. «Parliamo di un ragazzo giovane, entrato in carcere in buona salute, morto per una malattia infettiva che, se diagnosticata e trattata per tempo, è curabile». La Procura dovrà stabilire quando e dove Alhagie abbia contratto la tubercolosi, un elemento chiave per comprendere se la malattia sia stata contratta o aggravata all’interno del carcere e se siano state adottate le necessarie misure di prevenzione e assistenza.
Gli attivisti: “Vogliamo verità e giustizia”
Il Movimento Rifugiati e Migranti di Napoli, di cui Alhagie aveva fatto parte dal 2017, chiede verità e trasparenza. «Non possiamo accettare che un ragazzo entri in carcere in buona salute e ne esca in fin di vita — denuncia Mariema Faye, portavoce del Movimento —. Vogliamo sapere cosa è stato fatto per curarlo e se siano state avvisate le persone che sono state a contatto con lui. Potrebbe esserci un focolaio di tubercolosi a Poggioreale».
Anche i familiari, in particolare lo zio Alhagie Sangateh, chiedono spiegazioni. «Nessuno del carcere mi ha mai chiamato per informarmi della sua morte — racconta —. L’ho saputo da un amico, giorni dopo. Mio nipote stava bene prima di entrare, e ora è morto. Voglio sapere perché».
Le ombre del sistema penitenziario
Il caso di Alhagie Konte mette in luce le criticità del sistema carcerario italiano, tra sovraffollamento, carenze mediche e difficoltà per i detenuti stranieri. Il giovane, secondo quanto riferito dagli attivisti, avrebbe dovuto scontare la pena ai domiciliari, misura concessa dal giudice. Tuttavia, la mancanza di una residenza stabile gli ha impedito di accedere a questa possibilità. «Le misure alternative sono spesso inaccessibili per i cittadini stranieri — spiega ancora Faye —. Non ci sono strutture sufficienti per accoglierli e accompagnarli in un percorso di reinserimento. Così si resta in carcere anche quando la legge prevede un’altra via». Ora si attende l’esito dell’autopsia, che potrà chiarire quando Alhagie si sia ammalato e se siano stati rispettati i protocolli sanitari.