L'Irlanda dice SI
Il 22 Maggio 2015 entrerà a far parte della storia del movimento LGBT (e non solo) come uno di quei giorni memorabili che hanno posto le fondamenta ieri e che, mattone dopo mattone, concorrono oggi a costruire un'Europa e, quindi, un mondo più accogliente, umano e volto a riconoscere e garantire i diritti di tutti. Il motivo? E' presto detto: a seguito di un referendum popolare, il 62,1% degli irlandesi ha espresso il proprio parere favorevole alle nozze gay, a cinque anni di distanza dall'approvazione in Parlamento delle unioni civili per le coppie omosessuali.
Si tratta di una conquista di proporzioni epocali non solo e non tanto per via del fatto in sè che, intendiamoci, è già più che rilevante, ma soprattutto in relazione al contesto in cui questo si va ad inserire. L'Irlanda è, infatti, una terra dalle profondi radici cattoliche, caratteristica questa che ha sempre fortemente connotato il sentire dei suoi cittadini e che per anni ha pesanemente influtio anche sulla legislazione ivi vigente, basti pensare al reato di omosessualià, che è stato abolito solamente poco più di vent'anni fa, nel 1993; in più, l' "Isola Verde" è il primo Paese al mondo ad introdurre i matrimoni tra persone dello stesso sesso mediante una consultazione popolare. E' evidente come, alla luce di queste considerazioni, il risultato ottenuto sia straordinario, tanto che lo stesso premier Enda Kenney, espressione di un partito vicino alle posizioni cristiano-democratiche e del conservatorismo, ha dichiarato:" con questo referendum il popolo irlandese sta mandando un messaggio pionieristico al resto del mondo". Molteplici sono state le reazioni, nella stragrande maggioranza dei casi più che favorevoli all'esito del referendum; la stessa Laura Boldrini, Presidente della Camera, ha condiviso attraverso twitter la propria speranza che presto anche da noi si legiferi in materia di unioni civili, così da fare dell'Italia un Paese compiutamente europeo. Come era ovvio che fosse, le reazioni più ostili sono invece giunte dal mondo cattolico: l’arcivescovo di Dublino e Primate d’Irlanda, Diarmuid Martin, ha dichiarato che la chiesa ora deve fare i conti con la realtà, sottolineando che sarà un compito difficile far arrivare il messaggio del cattolicesimo ai giovani. Molto più duro, e a mio modesto avviso offensivo per non dire disumano, è stato il commento del segretario di Stato vaticano Pietro Parolin che ha avuto l'ardire di definire l'approvazione del matrimonio gay in Irlanda "una sconfitta per l'umanità". Un'affermazione, questa, che è di una gravità assoluta e che dimostra, una volta di più, quanto una certa parte del mondo cattolico, ed in particolar modo coloro i quali risiedono al vertice della Curia Romana, sia ostinatamente arroccato sulle proprie posizioni, sorrette esclusivamente da motivazioni ideologiche e di mera conservazione. Mi unisco alla Presidente Boldrini nell'auspicare che presto anche qui da noi si facciano dei significativi passi in avanti in merito al riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali e nello specifico che il ddl Cirinnà venga finalente approvato in via definitiva. Terrei a sottolineare, infine, come il riconoscimento di fondamentali diritti da parte delle istituzioni nei confronti di chi, membro di quella stessa comuità, fino ad allora ne era stato escluso dovrebbe riscuotere il plauso di tutti, indipendentemente dal colore politico o dalla fede religiosa ed è questa una lezione che noi italiani dovremmo imparare proprio sulla scorta di ciò che è avvenuto in Irlanda, la quale ha dimostrato come uno Stato moderno possa svincolarsi dai dictat posti dai vertici della Chiesa nelle decisioni legislative. Uno Paese civile può e deve garantire i diritti di base, che una religione - per scelta di fede - può derogare in peius, senza costringere tutti a comandamenti "sacri".Il 22 Maggio 2015 entrerà a far parte della storia del movimento LGBT (e non solo) come uno di quei giorni memorabili che hanno posto le fondamenta ieri e che, mattone dopo mattone, concorrono oggi a costruire un'Europa e, quindi, un mondo più accogliente, umano e volto a riconoscere e garantire i diritti di tutti. Il motivo? E' presto detto: a seguito di un referendum popolare, il 62,1% degli irlandesi ha espresso il proprio parere favorevole alle nozze gay, a cinque anni di distanza dall'approvazione in Parlamento delle unioni civili per le coppie omosessuali. Si tratta di una conquista di proporzioni epocali non solo e non tanto per via del fatto in sè che, intendiamoci, è già più che rilevante, ma soprattutto in relazione al contesto in cui questo si va ad inserire. L'Irlanda è, infatti, una terra dalle profondi radici cattoliche, caratteristica questa che ha sempre fortemente connotato il sentire dei suoi cittadini e che per anni ha pesanemente influtio anche sulla legislazione ivi vigente, basti pensare al reato di omosessualià, che è stato abolito solamente poco più di vent'anni fa, nel 1993; in più, l' "Isola Verde" è il primo Paese al mondo ad introdurre i matrimoni tra persone dello stesso sesso mediante una consultazione popolare. E' evidente come, alla luce di queste considerazioni, il risultato ottenuto sia straordinario, tanto che lo stesso premier Enda Kenney, espressione di un partito vicino alle posizioni cristiano-democratiche e del conservatorismo, ha dichiarato:" con questo referendum il popolo irlandese sta mandando un messaggio pionieristico al resto del mondo". Molteplici sono state le reazioni, nella stragrande maggioranza dei casi più che favorevoli all'esito del referendum; la stessa Laura Boldrini, Presidente della Camera, ha condiviso attraverso twitter la propria speranza che presto anche da noi si legiferi in materia di unioni civili, così da fare dell'Italia un Paese compiutamente europeo. Come era ovvio che fosse, le reazioni più ostili sono invece giunte dal mondo cattolico: l’arcivescovo di Dublino e Primate d’Irlanda, Diarmuid Martin, ha dichiarato che la chiesa ora deve fare i conti con la realtà, sottolineando che sarà un compito difficile far arrivare il messaggio del cattolicesimo ai giovani. Molto più duro, e a mio modesto avviso offensivo per non dire disumano, è stato il commento del segretario di Stato vaticano Pietro Parolin che ha avuto l'ardire di definire l'approvazione del matrimonio gay in Irlanda "una sconfitta per l'umanità". Un'affermazione, questa, che è di una gravità assoluta e che dimostra, una volta di più, quanto una certa parte del mondo cattolico, ed in particolar modo coloro i quali risiedono al vertice della Curia Romana, sia ostinatamente arroccato sulle proprie posizioni, sorrette esclusivamente da motivazioni ideologiche e di mera conservazione. Mi unisco alla Presidente Boldrini nell'auspicare che presto anche qui da noi si facciano dei significativi passi in avanti in merito al riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali e nello specifico che il ddl Cirinnà venga finalente approvato in via definitiva. Terrei a sottolineare, infine, come il riconoscimento di fondamentali diritti da parte delle istituzioni nei confronti di chi, membro di quella stessa comuità, fino ad allora ne era stato escluso dovrebbe riscuotere il plauso di tutti, indipendentemente dal colore politico o dalla fede religiosa ed è questa una lezione che noi italiani dovremmo imparare proprio sulla scorta di ciò che è avvenuto in Irlanda, la quale ha dimostrato come uno Stato moderno possa svincolarsi dai dictat posti dai vertici della Chiesa nelle decisioni legislative. Uno Paese civile può e deve garantire i diritti di base, che una religione - per scelta di fede - può derogare in peius, senza costringere tutti a comandamenti "sacri".