L’esame d’avvocato a Napoli e le ragioni di una disfatta
Pochi giorni fa, la Corte d’Appello di Roma ha inferto un duro colpo agli aspiranti avvocati che hanno sostenuto le prove d’esame d’abilitazione nel dicembre 2014, con l’ammissione di solo 1/3 dei candidati presentatisi all’esame. Percentuali, purtroppo, molto più basse rispetto al resto dello Stivale; ma quali sono le cause di questa piccola debacle?
Indetto mediante bando, l’esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato per la sessione 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 4ª Serie Speciale del 12 settembre 2014, si è svolto contemporaneamente in tutt’Italia durante gli scorsi 16, 17 e 18 dicembre, mettendo alla prova i candidati su tre prove d’esame: la redazione di un parere motivato, da scegliersi tra due questioni in materia regolata dal codice civile; la redazione di un parere motivato, da scegliersi tra due questioni in materia regolata dal codice penale; e la redazione di un atto giudiziario in materia scelta dal candidato tra il diritto privato, il diritto penale ed il diritto amministrativo. Per tre giorni consecutivi, dunque, i padiglioni della Mostra d’Oltremare hanno ospitato gli oltre 6.000 aspiranti avvocati iscritti presso la Corte d’Appello di Napoli, che si sono cimentati nelle prove suddette, tra inchiostro, Codici e concentrazione.
La correzione degli elaborati è iniziata a stretto giro, per una durata circa 6 mesi, conclusasi con la pubblicazioni dei risultati nel giorno 6 luglio (in netto ritardo rispetto alle altre Corti d’Appello). Il superamento delle prove, scritte e orali, che permettono l’iscrizione all’Albo degli Avvocati (ossia, di ottenere la cosiddetta “Abilitazione”), conferisce il solo titolo di Avvocato, ma non garantisce l’assegnazione di una sede di competenza o di un posto di lavoro. In sostanza, il titolo non garantisce al giovane aspirante alcuna possibilità di lavoro concreta, ma permette solo di poter effettuare, eventualmente, l’esercizio della professione. Se alle già citate esigue possibilità di lavoro successive all’eventuale abilitazione si somma il numero, relativamente ridotto, di ammessi alla prova orale presso la Corte d’Appello di Napoli, è facile capire come si sia gridato allo scandalo per l’eccessiva difficoltà e per la differenza di trattamento con le altre Corti d’Appello, dove il numero di promossi è stato più elevato.
Le modalità di correzione, onde garantire una maggiore trasparenza, sono stabilite nel bando e prevedono che gli elaborati prodotti in ciascun esame di ciascuna Corte d’Appello siano corretti da commissioni di altre Corti d’Appello sulla base di criteri di valutazione tra cui la dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati e la capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà. Il dato eclatante che emerge da questa correzione è il ristretto numero di ammessi alla prova orale, ulteriore scoglio che separa dalla tanto agognata abilitazione. In Campania, solo il 35% degli esaminandi è stato ammesso all’orale: in pratica, uno su tre. Dunque, ben 3.250 candidati sono stati bocciati, dato che è in controtendenza con la media nazionale, la quale si assesta su livelli più alti, in particolare con la Corte d’Appello di Milano che ha visto una percentuale di promossi pari quasi ad metà dei candidati.
In realtà è necessario rapportare quest’osservazione con i dati reali. Tralasciando le condizioni in cui circa 6000 ragazzi devono sostenere le prove d’esame, con apertura dei cancelli intorno all’alba e la famosa “corsa al posto” per raggiungere i banchi migliori, c’è comunque da porre l’accento sul fatto che la media del 35% di promossi non sia poi così bassa. Infatti, nelle prove d’esame svolte a dicembre 2013, fu 30,59% la percentuale degli ammessi agli orali e nelle prove del 2012 fu nuovamente intorno al 35%, a differenza della corte di Milano che è sempre stata intorno al 40%. C’è poi da evidenziare come il numero dei partecipanti presso la Corte d’Appello di Napoli sia fra i più elevati d’Italia, con circa 5000/6000 candidati ogni anno, che generano una mole di lavoro per le commissioni pari a circa 18.000 compiti, contro i circa 3000 candidati delle Corti di Milano e Roma. L’elevato numero dei partecipanti è un dato che induce a riflettere sulla forza e la continuità della scuola giuridica partenopea, che ha preparato e formato alcune delle personalità più illustri del nostro ordinamento, tuttora colonne portanti del sistema giuridico italiano.
Tuttavia, la situazione di grande incertezza circa le regole di correzione dei compiti ha portato in seguito a una grande mole di ricorsi amministrativi, volti a censurare le correzioni delle commissioni. Se da un lato, il T.A.R. Campania di Napoli aveva ridotto queste possibilità statuendo, con sentenza del 4 dicembre 2014 n. 6346, che né il tempo di correzione del compito, né la mancanza di segni di correzione sull’elaborato (che possono essere visionati dal candidato in sede di accesso agli atti) integrano un valido motivo di censura dell’operato della commissione, dall’altro la nuova legge sulla professione forense (Legge, 31/12/2012 n° 247, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 18 gennaio 2013, n. 15, in tema di “Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense”) ha aperto nuove strade alla sindacabilità dell’operato della commissione. Infatti, l’art. 46 della suddetta legge prevede, che “La commissione annota le osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che viene espresso con un numero pari alla somma dei voti espressi dai singoli componenti”. Questa formulazione ha portato all’ammissione di alcuni ricorsi di cui si cita il T.A.R. Lazio, Roma, con sentenza del 7 luglio 2015, n. 9126, che ha stabilito che “al candidato, […] deve essere assicurato il diritto di ricostruire ab externo il processo logico seguito dalla Commissione rispetto ai parametri prefissati dalla legge”, configurando “una violazione dell’obbligo di motivazione, quando gli elementi di valutazione esplicitati dalla commissione di concorso (o di esame) si siano limitati al solo voto numerico.”
Tra basse percentuali, impugnazioni e difficili prove d’esame la giostra dell’Esame di Abilitazione alla Professione Forense continua a girare: le prove orali della Corte d’Appello di Napoli si terranno, per il I appello, a partire dal 1° settembre, con la pubblicazione del calendari intorno all’ultima settimana di agosto, mentre il calendario del II appello verrà pubblicato solo intorno alle ultime settimane di settembre. Per quanto riguarda il futuro, il nuovo bando per le prove d’esame di dicembre 2015 verrà bandito a breve; con l’augurio che la percentuale di promossi stavolta possa essere, finalmente, più alta.