Tre nuove mostre al MADRE, si aprono le danze!
Un, due, tre, musica maestro! Il giorno 9 ottobre 2015, il Museo MADRE ha inaugurato tre nuove mostre di arte contemporanea, sulle musiche di Luigi Prota e Fabio Marengo.
Affinché un museo possa definirsi contemporaneo deve, necessariamente, riconsiderarsi dalle fondamenta. Anno dopo anno, il rifondato MADRE (Museo di Arte Contemporanea Donnaregina) mantiene uno sguardo lucido sulle nuove forme artistiche e, soprattutto, sul nuovo modo d’intendere l’arte. Sicché, ad oggi, il museo si presenta, da un lato, con una poderosa collezione permanente, tra cui sono annoverabili le opere del Pistoletto e di Clemente. Dall’altro lato, il MADRE s’impreziosisce di una variegata e dinamica gamma di collezioni temporanee, dimostrandosi uno dei plessi museali più attivi della città. Tutto questo è ulteriormente valorizzato da una moderna gestione degli spazi ed un’attenta politica dei prezzi.
Stavolta, il Palazzo Donnaregina apre le porte alle opere di Daniel Buren, Mark Leckey e di Marco Bagnoli. Il primo, già noto al pubblico del MADRE, esibisce un’innovativa istallazione artistica: “axer / désaxer. lavoro in situ”. Nell’idea di Buren, ogni operazione intellettuale deve necessariamente confrontarsi con lo spazio circostante. Allo stesso tempo, ogni istallazione artistica s’immerge nel museo che la ospita, fino a confondersi con quest’ultimo. Difatti, attraverso “axer/desaxer”, l’artista parigino rimette in asse il Palazzo Donnaregina con la via su cui s’affaccia. Com’è ovvio, l’operazione è altamente simbolica, ideando uno spazio contiguo tra comunità urbana e lo spazio museale, che si congiungono e permeano l’un l’altra.
Altamente simbolica è, inoltre, la prima retrospettiva e mostra personale di Leckey. La mostra, curata da Elena Filipovic ed Andrea Viliani, spazia in lungo ed in largo nel percorso artistico del pioniere britannico. Difatti, l’artista anglofono è un esploratore di feticci e simboli di vita quotidiana, che offre alla comunità come un’arte auto-prodotta. In accordo con le migliori correnti sociologiche dello scorso secolo, la vita umana è vita di relazione, in cui ognuno è contagiato e plasmato dall’ambiente esterno.
Meno incline alle logiche sociali, ma più incentrata sul singolo sentire è, invece, l’istallazione di Marco Bagnoli. L’artista di Empoli propone l’opera: “La voce. Nel giallo faremo una scala o due al bianco invisibile”. La struttura si articola in una scala, simbolo della continua ascensione e discensione tra il terreno ed l’immateriale, che l’individuo vive nella quotidianità quanto nella straordinarietà. Tuttavia, quella immaginata da Bagnoli non è una semplice scala, ma è altresì funzionale alla propagazione di una voce, che si dipana da un’ampolla. Così l’opera sbocca verso l’ambiente esterno, creando un collegamento tra il visitatore, situato ai piedi della scala, e qualcos’altro.
Come si può facilmente costatare, ogni opera della nuova collezione tende verso l’esterno, da un punto di vista architettonico e sociale. Inoltre, ogni singola istallazione si sviluppa attraverso un complesso discorso di metafore, che colloca l’osservatore protagonista, ma allo stesso tempo vittima, del tempo storico in cui vive. Proprio per questo motivo, viene data particolare attenzione allo spazio museale ed alla sua utilità.
Seguendo l’insegnamento di Buren, ogni museo appartiene alla comunità che lo ospita, è uno spazio domestico, casalingo. Tra i percorsi artistici si riproducono, dunque, le stesse cose visibili in strada, a casa propria, o in un bar. E’ l’estrema sintesi di un rapporto osmotico, di un nuovo e contemporaneo modo d’intendere l’arte. Ebbene, il Museo d’Arte Moderna Donnaregina, consapevole del pensiero dell’artista parigino, ha deciso di inaugurare tre mostre con una serata di ballo.
Dopo aver presentato le mostre, il MADRE si è trasformato in un vero e proprio night-club, senza però abbandonare le classiche vesti museali. Al ritmo delle musiche dei dj Luigi Prota e Fabio Marego, il visitatore, oramai padrone degli spazi del Palazzo, si abbandonava alle danze ed ai brindisi. Nondimeno, durante la serata di musica, è stato possibile continuare a farsi contagiare da suggestioni artistiche, attraverso le immagini digitali del vj Giuseppe Santillo, nonché mantenendo uno sguardo pronto alla splendida struttura del Palazzo Donnaregina, così diverso, ma così uguale, dall’ambiente circostante.
In realtà, operazioni come quelle di Venerdì 10 sono auspicabili. Messe in sicurezza le opere, è giusto e desiderabile presentare alla cittadinanza il proprio patrimonio artistico. Troppo spesso, le nuove e le vecchie generazioni appaiono distratte, lontane dalla speculazione artistica. Una serata musicale può essere un eccellente modo per contagiare i napoletani, avvicinandoli alla dimensione museale, che da spazio altero diviene ambiente di casa. Ciò, come indicato, s’inserisce in un discorso più ampio, che il MADRE persegue con un’attenta politica di prezzi (ad esempio, ingresso gratuito il lunedì) e con numerose iniziative, che interessano gli spettatori più o meno giovani.