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MADAMA BUTTERFLY: PUCCINI TORNA AL SAN CARLO!

Scritto da Enrico Mezza Il . Inserito in Teatro

MADAMA BUTTERFLY: PUCCINI TORNA AL SAN CARLO!

Napoli, si sappia, non è solo la città “do sole e do mare”. Che sia pieno inverno o che sia il soleggiato luglio, tra i vicoli della città gemmano suggestioni artistiche. Ciò vale, ancor di più, se si tratta del Teatro lirico.

 

Fino al 31 luglio, al Teatro di San Carlo va in scena “Madama Butterfly”, opera suddivisa in tre atti, nata dal pentagramma di Giacomo Puccini e dal libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa.

Rappresentata per la prima volta a Milano nel 1904, la “tragedia giapponese” non raccolse da subito grandi favori dalla critica della belle epoque. Invero, secondo gli storici, la rappresentazione milanese fu tutt’altro che un tripudio.

Lo stesso Puccini, non ne nascose l’insoddisfazione e, confidandosi con un amico, rivelò: « con animo triste ma forte ti dico che fu un vero linciaggio. Non ascoltarono una nota quei cannibali. Che orrenda orgia di forsennati, briachi d'odio. Ma la mia Butterfly rimane qual è: l'opera più sentita e suggestiva ch'io abbia mai concepito. E avrò la rivincita, vedrai, se la darò in un ambiente meno vasto e meno saturo d'odi e di passioni »

La storia della “Madama” dà ragione a Puccini, giacché ad oggi è certamente una delle opere più conosciute ed apprezzate del compositore di Lucca. Non solo per l’arcinoto spartito, ma anche per lo scenario, assolutamente suggestivo, e per il suo libretto e tempo scenico.

La “tragedia giapponese” è ambientata nell’isola nipponica e racconta una vicenda struggente, in cui si confrontano due diverse culture.

In particolare, l’opera gira intorno al matrimonio di Pinkerton e di Chōchō-san. Il primo è un ufficiale della marina americana, di transito sulle coste giapponesi. La seconda, invece, è una giovane ragazza, di soli quindici anni, che dà il nome alla tragedia (Chōchō-sanj significa proprio Madama Butterfly).

Tuttavia, come si apprezza dal susseguirsi delle scene, Pinkerton sembra aver contratto matrimonio con leggerezza. Anche per questo, all’atto dello sposalizio, l’ufficiale pattuisce il diritto di poter ripudiare la moglie entro un mese.

Diverso è, assolutamente, l’animo di Chōchō-san. La giapponese resta fede all’americano, anche dopo essere stata ripudiata e lasciata sola il figlio che aspetta in grembo.

Nell’incedere della rappresentazione, si ha modo di valutare due scale valoriali differenti, due orizzonti culturali diversissimi. Da un lato, il mondo a stelle e strisce, tracotante e, spesso, trimalcionico.

Dall’altro lato, Chōchō-san incarna l’ideale della geisha, della moglie fedele, dall’animo puro. Neanche per un solo instante dubita dell’impalcatura dei suoi sentimenti. Neanche all’atto conclusivo, quando la tragedia si bagna col sangue. Buona visione!