Carlo Pisacane e le lettere al fratello: uno spaccato del nostro Risorgimento
Carlo Pisacane, celebre eroe del Risorgimento, dopo una lunga serie di avventure tra l’Europa e l’Africa, diventò un militante di primo piano della rivoluzione risorgimentale e poi, per scelta convinta, un martire del nazionalismo italiano. Invece il fratello, Filippo Pisacane, fu un fedele sostenitore della dinastia borbonica, ma anche un leale amico della famiglia del re, disponibile a condividere con i reduci della vecchia patria napoletana, la resistenza all’Unificazione scegliendo prima il nostalgico esilio a Roma e poi il ritiro in Francia. I Pisacane, dunque, incarnarono scelte di campo opposte nella battaglia politica meridionale e italiana, senza rinunciare, però, a una profonda solidarietà familiare. I documenti presentati nel volume consentono di esplorare questo singolare sdoppiamento che nasce, cresce e si evolve in un frammento del lungo conflitto civile meridionale. La relazione tra i due propone allora una nuova prospettiva interpretativa che, sviluppando i caratteri privati delle biografie, è capace di spiegare in che modo le due ideologie in competizione nel Mezzogiorno preunitario potessero convivere, o di converso creare antagonismi e attivare opposte ambizioni, anche nel campo protetto degli affetti.
La pubblicazione del libro “Carlo Pisacane, Lettere al fratello borbonico 1847 - 1855”, è un’occasione per riscoprire questa figura quasi mitica, magari leggendolo in questi ultimi giorni d’estate. In occasione della presentazione del volume, svoltasi a Napoli lo scorso giugno presso la Fondazione Pellegrini, studiosi e discendenti dello stesso Pisacane ne hanno discusso approfonditamente.
Ernesto Maria Pisacane, che sta curando il riordino, lo studio e la pubblicazione dei documenti privati della sua famiglia, racconta di un rapporto intenso tra i due fratelli, certamente fino al 1855, due anni prima della spedizione di Sapri, quando la corrispondenza si interrompe, mentre non vi è traccia delle lettere di Filippo al fratello Carlo. Inoltre, è affascinante notare i continui riferimenti ai luoghi del centro storico di Napoli.
Per Francesco Lucrezi, dell’Università di Salerno, «nei giovani di quella generazione era presente l’idea che bisognava combattere, dall’una o dall’altra parte», come accadde con i fratelli Pisacane. Ciononostante, i due fratelli conservarono per tutta la vita un rapporto di grande amore. Carlo, consapevole del destino al quale andava incontro, scrive a Filippo: «Desidero poterti abbracciare prima di morire».
Secondo Carmine Pinto, studioso del Risorgimento, di Pisacane e del fenomeno del brigantaggio, volendo fare una valutazione storiografica della vicenda di Pisacane è indubbio che egli sia stato talvolta strumentalizzato. Eppure, «la vicenda romantica di Carlo
Pisacane, la scelta di morire quasi suicida a Sapri, dà un valore a questa esperienza che va oltre le vicende risorgimentali». Infatti, proprio «la morte di Pisacane lo ha reso quello che è diventato: una luce che rifulge ancora oggi». Per questi motivi, «sia i fascisti che i marxisti utilizzarono la figura di Pisacane per dare una certa interpretazione dello stato nazionale». Orbene, Pisacane «diventa italiano perchè si integra in un movimento nazionale politico, culturale, militare, ecc., quando lascia Napoli».
Per Silvia Sonetti, studiosa del Risorgimento e di storia dell’Ottocento, la vicenda dei fratelli Pisacane è come quella di «tanti fratelli, nel Risorgimento, che hanno idee politiche opposte, ma normalmente non si combattono tra loro, talvolta interrompono i rapporti ma, di norma, le famiglie restano unite al di là della politica».
“Carlo Pisacane, Lettere al fratello borbonico 1847 - 1855”, a cura di Carmine Pinto, Ernesto Maria Pisacane, Silvia Sonetti, Rubbettino Editore, 2016.
Potete acquistarlo su:
RubbettinoStore