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"Associazionismo-service”: l’altra faccia della politica stabiese

Scritto da Mauro Malafronte Il . Inserito in Succede a Napoli

castellammare

Castellammare è malata da tempo, ma la diagnosi è sempre più incerta. All’assenza della politica si è aggiunta la smania di protagonismo di un certo associazionismo: spirito anarcoide shakerato con l’odio verso i partiti e la politica in toto. Senza differenze, perchè “la purezza è altrove.”

L’associazionismo, così concepito, vive di piccole istanze, minuscole proposte, più o meno particolareggiate. Alcune corrette, altre meno. Che si tratti della Villa comunale o delle Terme, il tratto costitutivo della nuova “mobilitazione” popolare è lo stesso: la logica del “tavolo di lavoro.” Il modus operandi, o meglio “cogitandi”, viene infatti mutuato dalla “fase di lavoro” del Movimento 5 stelle. In estrema sintesi: “Facciamo nostra una battaglia, ed arriviamo in fondo”. I tecnici lavorano affinchè si arrivi ad una risoluzione di problematiche esistenti. Interventi contingentati e parziali, molto spesso. Per meglio intenderci, dunque, avremo un tavolo per le Terme, un altro per la viabilità, un altro ancora per la Villa comunale: ripartizione delle tematiche e dei compiti. “Teste ben piene”, parafrasando Montaigne.

Che il mondo delle associazioni fosse fermo al palo, in verità, lo denunciavamo diversi mesi or sono, ben prima che la bagarre elettorale impedisse un ragionamento più ampio sullo scenario politico-associativo della città. Se alcune associazioni esistono e fanno pesare la loro presenza sul territorio, altre assumono forma solo su carta bollata, senza alcun tipo di reale legame con la città e le sue problematiche. Altre associazioni, poi, sono le braccia armate di gruppi politici, consiliari o meno, o di potentati economici. Un’altra serie di associazioni, infine, è pronta alla guerra, alla rottura, al grido di “La politica è tutta una merda” Dargli torto, lo sappiamo bene, è davvero difficile, nè il nostro compito vuole essere quello della difesa di ufficio di un assetto politico cittadino che da tempo ha superato i limiti della ordinaria decenza.

Ma è la logica “separatista” a poter dirigere l’azione associativa stabiese? E’ davvero la dinamica del “tavolo di lavoro” a potere offrire spiragli di rinnovamento?

L’associazionismo anarcoide, vagamente antipolitico tout court, incapace di guardare alla complessità delle problematiche della città, non è che l’altra faccia della politica stabiese. C’è una complementarietà tra l’assenza di una visione politica e la ricerca del dettaglio ad oltranza che impedisce all’azione associativa di sbocciare del tutto. Se la politica non ha contenuti, le associazioni risolvono problemi. “Associazionismo service”, potremmo azzardare. Se la politica, dunque, è incapace di ripensare al territorio, le associazioni non hanno mai cominciato a provarci.

Il salto di qualità nell’azione associativa, infatti, non può che passare per un’analisi sistemica delle emergenze (ormai croniche) della città. Ma deve andare oltre. La logica del tavolo di lavoro va integrata, non può essere essa fonte di idee e di visione. Non è nella sua natura, non è ontologicamente quella la sua funzione. Questa integrazione è possibile solo se quel bagaglio di conoscenze, di esperienze e di competenze accetta fino in fondo la sua dimensione “ultra-associativa.” Supplire alla politica, significa necessariamente ripensare la politica, le sue prospettive, le sue linee direttrici, le sue possibili trasformazioni. La piccola battaglia per la Villa comunale non può e non deve rappresentare l’essenza della vita associativa di un gruppo organizzato, così come il termalismo non può vivere di luce propria. Il centro antico, ancora, non può essere oggetto di valutazioni legate solo e soltanto alla disastrosa situazione immobiliare: è dal rapporto con il mare che va ripensata la città.

Ecco che la logica del tavolo di lavoro crolla, cede improvvisa. L’associazionismo, se vuole andare avanti, deve provare a ragionare in modo sistemico su intere aree della città, non su singole tematiche. Tutto il lavoro fatto, tutti gli studi, tutte le ore dedicate al nostro territorio devono confluire in una visione di città che tenga conto della complessità delle sfide che ci troviamo innanzi. Se non si crea questo, l’associazionismo continuerà a vagabondare verso la mediocrità dell’ovvio, ingigantita, grazie ai tanti tecnici, dalla superflua pignoleria del dettaglio.