Arte e Teatro, Mirko Di Martino racconta il Vissidarte Festival
Alla sua seconda edizione, il Vissidarte Festival si conferma come pregevole appuntamento nel panorama teatrale napoletano. Ciò non solo per la bontà degli spettacoli messi in scena, ma anche per l’attenzione ai temi narrativi, sempre più incanalati verso una particolare visione del teatro.
Invero, progettare una kermesse teatrale è un’attività d’indirizzo culturale. Dalla selezione degli spettacoli può scorgersi un monito per il pubblico, che viene trascinato in una diversa dimensione, non solo teatrale, ma altresì educativa.
Anche stavolta, il festival diretto da Mirko Di Martino ha permesso di conoscere il volto umano di grandi personaggi della storia dell’arte. Aspetto che, troppe volte, resta sullo sfondo. In disparte dei diversi autoritratti, la personalità dell’artista si evince solo per relazione dai suoi lavori. Attraverso lo studio delle sue tele, dello spessore del suo tratto, dei temi, dei colori.
Tuttavia, i diversi snodi delle biografie dei geni dell’arte sfuggono anche ai critici più attenti. In questi casi, non è sufficiente osservare la loro produzione artistica, è necessario focalizzarsi direttamente sulla psiche e sulla vita dei protagonisti.
In questo senso, la seconda edizione del Vissidarte Festival ha rilasciato una dichiarazione d’intenti: raccontare l’arte attraverso la vita di chi ne ha scritto le pagine più rilevanti. Invertire l’antico binomio “opere e vita”, riportandolo alla struttura “vita ed opere”.
Per questo motivo, nella cornice del Palazzo delle Arti di Napoli, si sono susseguite le biografie d’illustri pittori, uomini di scienza e poeti. In sostanza, il palcoscenico del PAN ha spettacolarizzato la biografia di questi soggetti che, prima di essere artisti, sono stati uomini (ancorché d’arte).
Come per la prima edizione, anche in quella appena conclusasi si è registrata una forte affluenza di pubblico, che ha spinto l’organizzazione a prevedere diverse repliche. Più che nel primo anno, la seconda edizione ha fatto emergere un ulteriore dato, particolarmente importante: l’attenzione dei giovani per l’arte e per il teatro.
Tra il pubblico di van Gogh, Tamara etc., si potevano scorgere diversi teenagers ed adolescenti. Dimostrazione che il buon lavoro ripaga, anche con delle soprese. Troppo spesso si parla dell’allontanamento del pubblico giovanile dalle rappresentazioni teatrali e dai musei. Probabilmente, invece, quest’ultimo non è disinteressato, ma poco stimolato. Onore al merito, pertanto, al Vissidarte.
Per questi ed altri motivi, la manifestazione in esame non sembra monolitica ma in costante fermento ed evoluzione. Segnato il tragitto, la rotta maestra, non resta che definire punto per punto le direttive da seguire. Per comprenderle, ci rivolgiamo a Mirko De Martino, direttore artistico del festival, nonché regista e drammaturgo di uno dei suoi spettacoli di punta: “Tamara De Lempicka e D’Annunzio. Erotica Eroica”.
Prendiamo le mosse dal Mirko Di Martino regista e drammaturgo. Il tuo ultimo lavoro teatrale è stato molto diverso dai precedenti: hai scelto di parlare dell’artista in modo più ironico. Perché?
D'Annunzio è una figura troppo nota, troppo carica di simboli e pregiudizi, per riuscire a parlarne semplicemente. La scelta ironica, quasi caricaturale, è venuta da sé: in D'Annunzio l'uomo scompariva dietro al personaggio che lui stesso aveva creato. Diceva di voler fare della propria vita un'opera d'arte: ne fece invece uno spettacolo. Ai primi del Novecento i suoi atteggiamenti conquistavano le folle, oggi fanno sorridere. Infine, anche i giorni che D'Annunzio trascorse al Vittoriale con Tamara, ossessionato dai continui tentativi di sedurre la pittrice, ricordano molto certe commedie sexy degli anni settanta. Era inevitabile che ne venisse fuori uno spettacolo divertente.
Chi o cos’è il protagonista di “Tamara De Lempicka e D’Annunzio”?
Lo spettacolo racconta quattro finzioni che hanno sostituito la realtà, racconta quattro maschere che hanno preso il posto delle persone, più o meno consapevolmente. Certo, il protagonista è senz'altro D'Annunzio (interpretato da Antonio D'Avino) in quanto tutto gira intorno a lui. Ma a suo modo, D'Annunzio è anche vittima di sé stesso, incapace di accettare la vecchiaia, la decadenza, ancorato al passato, a un vivere "inimitabile" che gli è sfuggito di mano.
Che rapporto c’è tra le diverse donne che si alternano sulla scena?
Ci sono tre donne in scena (Titti Nuzzolese, Gioia Miale e Fabiana Russo) e ce ne sono tantissime altre di cui si parla. La cameriera Aelis, l'ex amante Luisa, la pittrice Tamara: ognuna di esse rappresenta un aspetto di un'unica donna, quella creata da D'Annunzio, la donna geisha/schiava/amante/musa/cameriera. Le tre protagoniste si odiano, si fanno i dispetti, s’insultano, ma ognuna di esse sente di essere poco più di un riflesso del grande poeta. Tamara vivrà quest'esperienza per pochi giorni: il suo rifiuto di cedere alle voglie di D'Annunzio rappresenta il suo desiderio di affermarsi come artista che crea da se stessa la propria arte e il proprio destino.
Anche stavolta, un’artista donna. Da Artemisia a Tamara, passando per Frida: cos’è cambiato e cosa no?
Tamara è una donna molto più consapevole dei meccanismi dell'arte e del successo. È forse la prima donna, nell'arte, che rivendica il suo ruolo di pittrice e, allo stesso tempo, di star. Tamara cercò di affermare la propria immagine di donna libera e bella che dipingeva quadri affascinanti e scandalosi. Seppe sfruttare le copertine delle riviste di moda, le foto da diva di Hollywood, le interviste, gli articoli, perfino i pettegolezzi. Credo che Tamara rappresenti il modello di tanti altri artisti che sono venuti dopo di lei e che hanno camminato su quel bordo sottile che separa la pittura dalla capacità di vendere dipinti.
Intervistato il Di Martino drammaturgo, mi rivolgo al Di Martino direttore artistico del Vissidarte Festival. Dopo due edizioni è tempo di bilanci: come risponde Napoli al binomio arte-teatro?
Napoli risponde benissimo. Io e Titti Nuzzolese, che organizza con me la rassegna, siamo molto soddisfatti di questa seconda edizione e delle altre iniziative che abbiamo proposto tra l'una e l'altra. Non è solo questione di numeri: si tratta anche di un entusiasmo sincero che il pubblico dimostra ogni volta che proponiamo i nostri spettacoli.
Comparando entrambe le edizioni, quali sono le prospettive di crescita della manifestazione, in che direzione procede?
Il grande limite, al momento, è la location. Il Palazzo delle Arti è un luogo di forte attrazione per gli spettatorI ma poco adatto per il teatro, con pochi posti disponibili e una gestione amministrativa complessa. Ci auguriamo di riuscire a trovare una collocazione diversa per la prossima edizione, in accordo con l'Assessorato alla Cultura di Napoli che sostiene le nostre iniziative con interesse e attenzione.
Quali sono i prossimi itinerari?
Vorremmo proporre una breve edizione invernale di Vissidarte, in un teatro del centro storico, verificando la risposta del pubblico in un contesto e in un periodo diversi.
Ringraziandoti ancora una volta, vorrei chiudere l’intervista con una curiosità. Il secondo atto della Tosca è passato alla storia per il suo “vissi d’arte, vissi d’amor”! Tuttavia, nell’opera del Puccini, la Tosca non gode di un destino felice. Allo stesso modo, Artemisia, Frida e tanti altri protagonisti sulla scena del Vissidarte Festival. Ma l’arte è anche gioia?
L'arte è certamente gioia per tutti quelli che la amano, che restano incantati ad ammirare un dipinto di Rembrandt o di Warhol, di Giotto o di Klimt. L'arte dà gioia perché siamo nati per cercare la bellezza, ognuno a suo modo. I pittori ci hanno regalato questo patrimonio enorme, spesso a costo della loro felicità.