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Libero video in libera rete. Che non si abbiano mai più vittime innocenti come Tiziana Cantone.

Scritto da Berardo Impegno Il . Inserito in A gamba tesa

tiziana cantone

Come era del tutto prevedibile, oggi, cinque ottobre, i responsabili di Facebook affermano che non è di loro competenza togliere il video di Tiziana Cantone dalla rete. In questi giorni c’è stato un susseguirsi di altri episodi che hanno diffuso le notizie di video hard che sono in rete senza il consenso della donna “vittima” e che provocano forti disagi psicologici e crisi esistenziali alle interessate.

Molti opinionisti si sono cimentati nei giorni scorsi nel commentare il fenomeno. Quasi tutti l’hanno fatto ricorrendo ai tradizionali argomenti dei benpensanti. La mia opinione è che bisogna ragionare con meno pregiudizi e che bisogna affrontare il tema con apertura mentale e laicità. Cominciamo da una prima osservazione. La donna che, maggiorenne, decide di farsi riprendere in un video hard, asseconda un suo piacere e si allinea al “tempo del tutto immagine”, del sempre connesso, dell’agorà mondiale, delle centinaia dei selfie, della contrazione fortissima tra pubblico e privato. A fronte di questa tendenza universale poco servono gli appelli alla prudenza e alla privacy. L’esibizionismo mediatico, di contro al voyerismo mediatico, è incontrastabile, ci piaccia o no. E’ preferibile quindi, partire, da altre convinzioni. La prima: chi decide di farsi riprendere consensualmente in un video hard, femmina o maschio che sia, deve dare per scontato che il video vada in rete, punto; deve sapere che la tentazione proibizionista, che consiste nell’attesa che le autorità preposte, della giustizia, di tutte le Istituzioni, non riusciranno mai a impedire la diffusione delle immagini sulla rete. E non è neanche auspicabile che questo possa avvenire. Come per il fumo, come per le droghe, come per l’alcol, così anche per il sesso, il proibizionismo è sempre destinato al fallimento. A maggior ragione, quindi, vale la pena riandare a considerare le ragioni fondanti di una liberazione dei comportamenti sessuali, che, nel nostro tempo, rappresentano una frontiera da spostare sempre più avanti sulla via di una liberazione individuale e collettiva, delle proprie scelte di vita e delle proprie preferenze. Oggi che a livello mondiale lo scontro tra “gli stili di vita” non è solo tra le economie, i credi religiosi, ma è anche sui comportamenti sessuali e di conseguenza sul ruolo della donna nella società del nostro tempo (penso all’Isis e al dibattito che ancora si tiene sull’uso del burka), vale la pena impegnarsi in un confronto culturale di fondo sugli archetipi, che ancora nel nostro occidente avanzato continuano a resistere, nella psiche individuale, nonché negli stereotipi di massa. Mi riferisco specificamente ai ruoli del maschio e della femmina, non tanto nella relazione amorosa, quanto nel rapporto sessuale strictu sensu. Resiste l’idea del maschio che esibisce la donna come preda e di contro della femmina che si autointerpreta come “catturata” dalla volontà del maschio. Io penso invece che le cose nel reale non stiano così e che è nel riverbero sociale che è agente “il ritorno del rimosso” di epoche precedenti, ritorno del rimosso che si esplica nel ricercare una vittima designata e nel farla sentire marchiata da una condanna sociale. E’ contro questo effetto sociale che una cultura laica e libertaria deve ingaggiare la sua battaglia. Mi ha sorpreso e preoccupato un articolo di qualche giorno fa di Alessandra Graziottin, che peraltro io non conosco. L’articolo ha come titolo, in modo affermativo: “ Perché la parità sessuale sul web è un inganno”. Si sostiene in modo apodittico: Non esiste parità sul fronte dei comportamenti sessuali e del loro significato sociale. Scordiamocelo. E la ragione sarebbe nel fatto che persistono differenze profonde, millenarie, che il web semmai esaspera fino all’ossessione. Capisco, e in parte condivido, il senso di sgomento che ha accompagnato la tragica scelta di Tiziana Cantone. Ma è giusto lasciar libero corso a un senso di colpa collettivo, che espone noi tutti a risposte non coerenti con i valori costitutivi della nostra società? Ma, mi dico, non sono le stesse millenarie differenze che portavano ad avere l’articolo 559 del Codice Rocco che puniva la moglie adultera? E che è stato abolito solo nel 1968? Sono le stesse differenze millenarie chiamate in causa da quelli che non volevano né il divorzio né l’aborto. Le ragioni del passato sono sempre invocate da chi vuole resistere alle ragioni del futuro. Le “catene” del passato, già in occidente, sono state spezzate per molti anelli. Vale la pena continuare a battersi perché anche altri vincoli siano superati. Ben venga quel tempo in cui maschi e femmine possano con sorriso e leggerezza postare i propri video hard sul web e giocarci con spensieratezza e senza sensi di colpa.

 

Intervista a Filomena Gallo, Segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.

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