La Pa-paura del Gender e le “guerre mondiali”
In visita ufficiale alla diocesi di Tiblisi in Georgia, durante una full immersion di oltre un’ora con sacerdoti e seminaristi, Papa Francesco sotto il suo ormai noto impeto social risfodera uno dei suoi migliori cavalli di battaglia comunicativi: la famigerata “teoria gender”.
Stavolta, secondo il pontefice, la sedicente teoria non sarebbe solo una delle cause del disordine sociale diffuso ma la causa di una vera e propria “guerra mondiale contro il matrimonio”. Il dilagare delle incomprensioni, dei litigi e dei divorzi tra coniugi quindi non sarebbe altro che il risultato dell’espansione del verbo del gender.
Che il capo della Chiesa abbia, tra l’altro, il compito di conservare e divulgare la visione granitica del ruolo dell’uomo e della donna tramandataci dalle sacre scritture, è chiaro a tutti. Sempre meno chiaro risulta essere, per il mondo laico ma anche cattolico, il significato sostanziale di questa oramai sovraesposta “teoria gender” che buona parte della Chiesa agita come uno spettro cavalcando la scarsa conoscenza del tema da parte dell’opinione pubblica. Quindi mettiamo in chiaro subito, una volta per tutte e senza remore, che la teoria gender non esiste. Esistono filoni di studi, riconosciuti dalla comunità scientifica, condotti da sociologi, antropologi, psicologi, storici e filosofi che dalla metà del secolo scorso hanno concentrato parte delle loro ricerche su come si sono evoluti i rapporti di ruolo tra uomo e donna partendo dalle società tradizionali passando per quelle industriali per poi arrivare nella nostra era post-industriale. E questi studi si chiamano: Studi di Genere. Gli scienziati sociali hanno osservato, hanno analizzato e hanno descritto. Non hanno dato ricette né espresso giudizi di valore sulla bontà o meno dei mutamenti osservati. Hanno solo fornito degli strumenti che possono essere utilizzati o meno per avviare delle riflessioni critiche sulla traiettoria esistenziale dell’essere umano nelle società occidentali.
Dietro al grande velo della teoria gender, si nascondono le vere ragioni, le spine nel cuore che spaventano la Chiesa. In primis abbiamo la progressiva emancipazione della donna dal suo ruolo tradizionale di “angelo del focolare” che non solo crea uno iato con la visione canonica dei testi biblici ma spinge la chiesa a dover riconsiderare il ruolo della donna sia nella società laica che nella stessa organizzazione della vita ecclesiastica. Infatti, proprio a maggio di quest’anno fu lo stesso Bergoglio ad annunciare l’importanza di una possibile apertura del diaconato alle donne, ponendo in tal senso le basi per mettere in discussione la millenaria struttura gerarchica maschile. Ciò nonostante, pur essendoci fioche aperture ad una visione della donna che ammetta pari dignità nei vari contesti sociali ed ora finanche religiosi, arriva sonoro e puntuale, il richiamo all’ordine del famigerato gender che deve ristabilire i ruoli canonici all’interno delle coppie e nella società per evitare caos, anarchia di massa e adesso persino “guerre mondiali”. Lo stesso vale per le altre spine dolenti del Vaticano: le unioni omosessuali e le persone transessuali. Infatti, se da un lato, il Papa si è espresso disinvoltamente in un “chi sono io per giudicare”, dall’altro, sbandierando il pericolo gender, continua a porre in dubbio il riconoscimento esistenziale delle persone lgbt e dei loro nuclei affettivi. Nelle sue recenti dichiarazioni, Bergoglio si è fatto promotore dell’accoglienza e dell’accompagnamento delle persone gay e trans nella chiesa ma per lui “il gender nelle scuole è una cattiveria” che tradotto vuol dire: nei luoghi d’istruzione vanno evitati dibattiti e approfondimenti che aiutino i giovani a capire e superare le discriminazioni di genere e legate all’orientamento sessuale, ignorando che sono tra le maggiori cause dei fenomeni di bullismo. Ne esce fuori un quadro ambivalente dell’attuale Pontificato che basa la propria comunicazione su doppi messaggi che annunciano un’azione destinata a non essere mai pienamente compiuta. In pratica, Francesco rasserena con improrogabili aperture i laici e i cattolici progressisti, per poi ricondurli col messaggio gender nelle trame dottrinali dei ruoli canonici più consoni per l’uomo e la donna.
A Tiblisi, nella sua omelia in difesa del matrimonio dal pericolo gender utilizza come metafore comunicative belliche come “guerra mondiale” e “guerra fredda” (quest’ultima in riferimento al divorzio).
Ricordiamo al Papa che la Georgia è stato lo scenario di numerosi e sanguinosi conflitti che dalla fine degli anni ’80 si sono protratti sino a pochi anni fa. Per non parlare della vicinanza di questa regione al principale teatro di guerra del globo, la Siria e in generale il Medio Oriente, dove il rischio di una nuova guerra fredda ed una escalation mondiale non è poi tanto remoto.
Parole così cariche di significato non sarebbero forse più adatte a stigmatizzare chi vuole imporre il proprio potere diffondendo il terrore o chi, attraverso scelte strategiche e militari, ha come obiettivo l’imposizione dei propri interessi economici? Lasciano più perplessi quando queste parole vengono utilizzate per additare i singoli individui, ignorando la complessità delle dinamiche site all’interno di un rapporto. In particolare le donne che, ancora vittime della doppia morale legata alle loro scelte professionali e personali, sono viste come la causa principale del disfacimento del modello tradizionale di famiglia. Anche quando la scelta cede il passo ad una necessità imposta dalla presenza di partner violenti che non accettando il ruolo della compagna, non lasciano altra scelta che la fuga.
Se riescono a fuggire.
Eventuali riferimenti al femminicidio non sono puramente casuali.
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