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Sulle note del cambiamento con il neapolitan gipsy de "I Quartieri Jazz"

Scritto da Francesca Ciaramella Il . Inserito in Musica

Ciaramella Quartieri Jazz

Quando si pensa al jazz, vengono in mente: luci soffuse sulla scena di un vecchio club americano anni 30, scie di fumo che annebbiano la vista, e un pubblico seduto a sorseggiare whisky ai quei numerosi piccoli tavolini, disposti in modo da formare un semicerchio che abbraccia la restante parte del locale; lì di fronte ad essi si erge un’imponente orchestra, un microcosmo musicale composto da varie parti, unite in un connubio perfettamente coerente.

L’idillio romantico di questa visione vi avrà trasportato in un vecchio film in bianco e nero, di certo non sarete riusciti a concepire la stessa in un contesto moderno. Niente di sorprendente. La musica jazz insieme a tutti i suoi sottogeneri, viene ricollegata spesso ad un passato sbiadito, per quanto ne esistano ancora piccoli esempi attuali. Questo perché dopo quasi un secolo di vita, essa indossa le stesse vesti di un tempo e appare con le stesse forme di un tempo; insomma come una bellissima donna di pietra conosciuta da tutti, ma osservata da vicino solo da pochi.

A partire da questa prospettiva l’iniziativa musicale de “I Quartieri Jazz” appare come un’impresa ancor più sorprendente: far rivivere questa donna immortale nei luoghi della napoletanità, vuol dire scontrarsi con una forma cristallizzata da quasi cento anni; mantenerne intatte le peculiarità e accrescerne il potere evocativo rappresenta una sfida ambiziosa, che questa orchestra ha lanciato con il suo neapolitan gipsy jazz. L’idea principale del chitarrista Mario Romano e compagni è quella di fondere le sonorità cadenzate dello stile gipsy o  manouche (una delle storiche varianti che compongono il grande pulviscolo di questo genere) con la tradizione melodica partenopea. Il progetto esalta ovviamente -come è lecito aspettarsi- gli strumenti a corda, ma lascia comunque spazio a quelli a fiato e alle percussioni.

In questo lucido processo di sintesi una delle note dominanti è lo sfondo, insieme al suo ricettacolo di storie. L’immaginario della Napoli settembrina del ՚43 invade il secondo disco del gruppo, in uscita proprio il mese scorso, Le 4 Giornate di Napoli. Attraverso i nove brani, i cui titoli richiamano alla memoria avvenimenti importanti di questa vicenda, vengono celebrate cronache, verità, attimi di lotta condivisa, e i luoghi simbolo del capoluogo partenopeo. La traccia che da principio all’album, Galleria Borbonica, si impone per la sua dimensione corale: voci diverse che si mescolano nell’ incipit, e un complesso di suoni femminei ed angelici che invadono il ritornello.

I Quartieri Jazz, prossimi al decennio di collaborazione attiva, costituiscono una realtà musicale ben consolidata e prova di ciò viene fornita dalle numerose iniziative a cui hanno preso parte negli scorsi anni. L’impegno profuso da Troiano e compagni, verrà confermato ancora una volta venerdì 4 Novembre in una location ricca di suggestioni, il Museo del Sottosuolo. Il luogo che fu rifugio per i napoletani della seconda grande guerra, sarà rivisitato attraverso la guida di “O՚ Munaciello” che racconterà l’eroismo del՚43, sostenuto dalle danzanti note gipsy.

Ai fortunati avventori sarà possibile sostituire alla visione di una serata in un locale con fumo e whisky, l’immagine di Napoli scavata nelle sue stesse fondamenta.

 

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