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Anagrafe degli eletti, PUBBLICA!

Scritto da Paolo Donadio Il . Inserito in Il Palazzo

L’unico modo per contrastare i Batman di casa nostra e impedire loro di volare troppo in alto e lontano con i soldi dei contribuenti, e non solo quelli, ha un solo nome: anagrafe pubblica degli eletti. Di provenienza anglosassone, l’anagrafe pubblica degli eletti in Italia è stata oggetto di campagne dei radicali dal 2008 in poi e consiste, semplicemente, nella pubblicazione sui siti web delle istituzioni di una serie di dati relativi ai cittadini eletti a ricoprire cariche pubbliche: curricula e attività politica, dunque, ma soprattutto informazioni su retribuzioni, consulenze, finanziamenti, redditi.

Un atto di trasparenza che non è un toccasana contro la gestione occulta di fondi pubblici, che, di fatto, non viene impedita. Almeno, però, l’anagrafe pubblica degli eletti consente di conoscere meglio chi ci governa e come ci governa.

Che la frontiera tra dimensione pubblica e privata della politica sia diversa ai nostri giorni, nel confronto con pochi anni fa, è senza dubbio un elemento discutibile. Purtroppo le vicende della politica stessa, da vent’anni a questa parte, e fatti locali e nazionali non sempre esattamente edificanti hanno modificato di forza il confine del diritto alla riservatezza di chi gestisce la cosa pubblica. Un diritto modificato anche dall’enorme memoria condivisa che rappresenta la rete, la cui apertura non poteva non avere un impatto sulla vita politica e sul rapporto tra amministratori e amministrati, eletti ed elettori. Nei sistemi che si definiscono democratici, ovviamente.
Il centrosinistra può fare dell’anagrafe pubblica degli eletti uno dei segni della propria differenza. L’antipolitica si basa sull’assenza di differenze, che una forza come il PD ha il dovere di riconoscere ed enfatizzare. Spesso, purtroppo, ragioni innegabilmente di casta non consentono di tracciare uno spartiacque netto, come hanno dimostrato le recenti vicende della regione Lazio. E anche l’attuale giunta arancione napoletana, che pure pare utilizzare con zelo lo strumento lasciato in eredità dai tempi della Iervolino, sembra alquanto sbadato su alcuni particolari. Il comune di Napoli, tra i primi in Italia a deliberare l’applicazione dell’anagrafe degli eletti nel lontano 2009, è molto parco di informazioni sulla giunta e sul sindaco. A differenza dei singoli consiglieri comunali, dei quali siamo in grado di conoscere compensi, incarichi ricoperti, dichiarazione dei redditi e altro ancora, sindaco e giunta offrono di sé, in rete, soltanto un breve profilo, una bella foto sorridente e competenze lorde percepite nel 2011. Ma quest’anagrafe c’è o no? Abbiamo sfogliato il web con eccessiva superficialità? Oppure tutti sono ‘anagrafati’ ma alcuni meno di altri?

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