Quando gli immigrati eravamo noi
L’antico settecentesco edificio della Immacolatella vecchia ha visto nella sua lunga storia tutto il dramma dell'emigrazione italiana. I primi movimenti migratori interessarono il Nord ma con l'unità d'Italia il precipitoso crollo dell'economia meridionale provocò un esodo di dimensioni bibliche.
Milioni di meridionali partirono da Napoli e le banchine del molo dell'Immacolatella assisterono ai drammi di quest'esodo. Pochi hanno\ riflettuto sul debito di riconoscenza che l'Italia deve ai protagonisti di quell'esodo. Esso ebbe l'effetto di diminuire le tensioni sociali spostando l'eccesso di manodopera sui mercati americani e quello di favorire lo sviluppo del paese perché il fiume d'oro sudatissimo che si riversava dalle Americhe sulla nostra economia consentì il finanziamento dell'industria e lo sviluppo delle esportazioni.
Nel 1908 Giustino Fortunato-famoso meridionalista – scrisse ”Inviamo di là dà mari la sola merce di cui abbiamo dovizia: l'uomo; e lungo i mari c'è venuta in cambio, e ci viene, una larga striscia d'oro- le rimesse - che non ignoriamo, no, di che lacrime e di che sangue sia fatta..." Il processo di straniamento che colpiva persone di scarsa cultura e, nella quasi totalità, di origine contadina, abituata a vivere in piccole comunità dalle consuetudini secolari ed immutabili che si trovavano all'improvviso e senza preparazione a vivere nel cuore della modernità capitalista, generò drammi e lutti di cui il cinema e la letteratura ci hanno dato testimonianze eccelse.
Guardate le foto degli anni '50 che ornano le pareti della Stazione Marittima. Valige e fagotti legati con corde, bambini dappertutto, uomini dal viso stanco e donne che cercano di difendere una modesta dignità con le loro camicette a fiori stirate di fresco. Sono i figli di un'Italia matrigna che li scaglia oltreoceano apprestandosi a godere della ricchezza che essi produrranno laggiù.
L'emigrazione meridionale fu quasi tutta contadina. Da questo punto di vista “ Santa Lucia luntana” è un falso. I bastimenti che partono “per terre assai luntane” non portano napoletani ma calabresi, lucani e siciliani. C'è un drammatico atto unico di Viviani sul tema :'Nterra 'o muolo. Che si svolge proprio qui, su questo molo. La dolente umanità che esso rappresenta ci mostra il dramma che nasce dall'impatto con la grande città dei poveri “cafoni” che non si erano mai mossi dal loro villaggio esposti alla attività predatoria di piccolo camorristi senza umanità. La vera canzone sull’emigrazione è: Emigrante di Viviani. Egli è dalla loro parte e per ritrovare una così evidente empatia per quel mondo arcaico bisognerà attendere il Carlo Levi di “ Cristo si è fermato ad Eboli”
C'è un evidente parallelo fra l'Italia della fine del '900 e quella post bellica degli anni '50. Entrambe hanno salvato l'economia sulle spalle dei più poveri e disperati senza riservare ad essi né memoria né riconoscenza. Le rimesse dall'Europa, dalle Americhe, dall'Australia hanno avuto un ruolo fondamentale nella ripresa della nostra economia. Un flusso continuo di valuta pregiata generato dal lavoro e dai sacrifici di milioni di nostri ignoti connazionali, spesso trattati nei paesi di arrivo al di sotto dei livelli di civiltà.
C'è una fotografia famosa che riassume questo concetto .Un gigantesco policemen americano che ai cancelli di Ellis Island sorveglia una lunga fila di italiani, bruni, piccoli, carichi di fagotti e circondati da bambini che si aggrappano alle gonne delle mamme. La distanza fra quell'uomo ipernutrito e la desolata brigata con la fame sul viso dice più di qualsiasi trattato di sociologia.
Quelle persone erano protagoniste inconsapevoli di profonde trasformazioni sociali ed economiche.
L'abbandono dei paesi, l'allontanamento degli elementi giovani ed attivi avrebbe aggravato la crisi del Mezzogiorno. Il fenomeno assunse grande rilevanza nel secondo dopoguerra durante il quale nemmeno gli anni del "boom" videro diminuire le correnti migratorie. L'emigrazione in Europa e
nelle Americhe e, in misura ridotta in Australia, fu il segno più evidente, anche se non dichiarato, che i governi centristi non sapevano e non volevano affrontare la questione meridionale
L'emigrazione interna, europea ed americana era la soluzione. Ci fu agli inizi degli anni '50 una dichiarazione sintomatica di De Gasperi, che pure non può essere accusato di insensibilità sociale. Egli disse in un convegno, rivolto ai meridionali: ”Imparate una lingua e andate all'estero!”
Concetto che entrò profondamente nella coscienza popolare se, negli stessi anni, un cantastorie poteva cantare, con la semplicità del popolo: Lu ministre Culombe l'ha fatto lu pruggette pe li dissocupete! C'ha date lu passapuorte e all'estero l'a mannete!
E ciò dopo i terribili anni che videro la sconfitta del movimento contadino meridionale che cercava una soluzione ai suoi problemi nella trasformazione del regime fondiario. Non a caso dopo la violenta reazione poliziesca al movimento per l'occupazione delle terre che vide cadere, uccisi dalle forze dell'ordine, decine di braccianti meridionali le correnti migratorie ripresero con più vigore . I meridionali capirono che il loro problema non poteva essere risolto in Italia e partirono in massa in Europa pagando un tributo di sangue a Marcinelle. Nelle Americhe andando a sfidare una realtà economica di cui non sapevano niente in paesi di cui ignoravano anche la lingua. Certo noi adesso ci gloriamo del successo della comunità italiana in America del Nord.
Il simbolo di questo successo è il sindaco di New York, di origine campana oppure la folta rappresentanza di americani di origine italiana nei Consigli di Amministrazione delle maggiori " Corporation" americane. Non dobbiamo dimenticare però che dietro questi successi ci sono i sacrifici bestiali dei loro nonni che solo rinserrandosi in comunità che riproducevano l'ambiente di origine: la Little Italy di Mulberry street a New York o il rione Palermo a New Orleans riuscirono a trovare le condizioni per sopravvivere in un mondo per loro ostile. Partendo da tali difficili condizioni il processo di assimilazione, più che di integrazione, si è realizzato in tre generazioni producendo un ceto di imprenditori, uomini politici, professori universitari e operatori culturali che, proprio perché profondamente assimilati, non hanno conoscenza della lingua di origine delle loro famiglie
Ai primi del’900 l’emigrazione europea, italiana in particolare, marcò profondamente il panorama sociale degli USA perché ,insieme ai braccianti, partirono anche uomini di orientamento socialista e anarco-sindacalista che fuggivano dall’Italia per ragioni politiche. Il movimento sindacale USA nacque anche per opera loro. Ma il loro orientamento politico non si accordava con le esigenze di una società dominata dal liberismo economico in cui i padroni erano abituati ad avere mano libera. Quel movimento venne fisicamente distrutto ed il processo a Sacco e Vanzetti fu il culmine di quella repressione
Il Museo dell’Emigrazione di cui si propone la fondazione deve essere il segnale che finalmente l’Italia si ricorda dei suoi figli mandati allo sbaraglio per la incapacità delle sue classi dirigenti a perseguire politiche che avrebbero cambiato gli equilibri del Paese e l’Immacolatella vecchia ne può essere la degna sede perché prossima ai luoghi del dolore.
Con lodevole iniziativa il Governo ha restituito dignità onore e memoria ai poveri “cafoni“, meridionali in gran parte, fucilati per rappresaglia dopo la sconfitta di Caporetto con l’infamante titolo di disertore: Cadorna, generale burocrate e incapace cercò di mascherare con quel delitto le sue deficienze professionali. A quelle vittime innocenti di una ottusità burocratica l’Italia restituisce dignità ed onore, così proponendo il Museo restituiamo alla nostra memoria ed alla nostra gratitudine il ricordo di milioni di italiani, anch’essi per lo più meridionali, costretti a cercare al di là dei mari la possibilità di garantire alle loro famiglie ed ai loro figli quell’avvenire che la Patria gli negava. Con sudore e lacrime e sangue ci sono riusciti.
Ad essi l’Italia deve riconoscenza.
Di questa riconoscenza il Museo vuole essere il segno tangibile, la memoria di quel dramma che affidiamo alle generazioni future.