fbpx

Thank you Donald: la scintilla progressista della Women’s March

Scritto da Claudia Coppola Il . Inserito in Vac 'e Press

donald woman

Sabato 21 gennaio una folla di cappellini rosa si è riversata nelle strade di Washington e delle capitali di tutto il mondo. Le pussyhats hanno sfilato pacificamente in occasione dell’insediamento del neoeletto presidente Donald Trump alla Casa Bianca, in segno di protesta verso tutto ciò che egli rappresenta.

La Women’s March on Washington è senza dubbio uno degli eventi collettivi più significativi degli ultimi anni: nata dall’idea di Teresa Shook, anziana signora hawaiiana indignata per l’inaspettata vittoria presidenziale che ha scosso l’America e il mondo, l’iniziativa ha rapidamente raccolto milioni di sostenitori su Twitter e Facebook e ha portato più di 500.000 persone a marciare assieme sotto la Casa Bianca.

La manifestazione si è svolta in modo pacifico e all’ insegna della diversità. Vi hanno preso parte studenti, mamme piccolo-borghesi, anziani, attivisti di Black Lives Matter, ambientalisti, membri della comunità Lgbt, personaggi famosi e lavoratori sottopagati, disabili, immigrati, e tutte le minoranze etniche, sociali e religiose che ora più che mai si sentono sottorappresentate e minacciate nei propri diritti fondamentali. Una folla variopinta e colorata che non è passata inosservata: fra le bandiere a stelle e strisce e quelle arcobaleno spiccano i cartelli con slogan e frasi ironiche rivolte al nuovo Presidente: “i diritti delle donne sono diritti umani”, “l’America non sei tu”, “American Nightmare”, “Obama Cares, Trump Scares”.

È vero, Trump fa paura: simbolo della profonda divisione di un intero Paese, non ha fatto altro che confermare la sfiducia dell’opinione pubblica con un discorso di insediamento perfettamente coerente con quella che è stata fino ad ora la sua politica populista, nazionalista e isolazionista, ben lontana dalla linea democratica di Obama, e chiusa a qualsiasi tentativo di dialogo o mediazione.

E proprio per questo, caro Donald, grazie: senza di te, forse nessuno avrebbe sentito il bisogno di protestare. Forse nessuno si sarebbe mosso a tutela dei propri diritti, forse avremmo dato per scontata la nostra libertà occidentale.

Dunque grazie, Donald. Sei l’eclatante manifestazione di una minaccia velata, sei il simbolo di una realtà in cui non vogliamo vivere, sei il passato in cui non vogliamo ritornare. Ci hai ricordato che la lotta per la democrazia, le pari opportunità, l’uguaglianza di genere, i diritti civili, non è finita e mai dovrà finire.

Grazie perché hai acceso una scintilla progressista, hai dato all’America e a tutti noi la determinazione di guardare al futuro e di contrastare le correnti pericolose di un mondo che sembra andare all’indietro.

Grazie, Donald, perché finalmente ci siamo svegliati.