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L’incertezza della globalizzazione

Scritto da Dalia Casula Il . Inserito in Napoli IN & OUT

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Un’indagine condotta dal Nactional Elections Studies (NES) nel 1992 proponeva la seguente domanda: “Alcuni hanno suggerito l’imposizione di nuovi limiti alle importazioni per proteggere i posti di lavoro americani. Altri dicono che tali limiti farebbero aumentare i prezzi al consumo e danneggerebbero le importazioni americane. Siete a favore o contro i limiti sulle importazioni oppure non ci avere mai pensato?”

Questa domanda, che introduceva uno studio sulla propensione degli americani al libero scambio, potrebbe definirsi oggi lungimirante, quali sono state le cause e le risposte che gli americani diedero allora non interessa, ciò che rileva è come oggi il neo-presidente abbia deciso di agire, senza limiti né condizioni temporali.

Certo è che dal 1992 le trasformazioni che hanno investito l’America ed il mondo intero sono state notevoli, sempre più spesso per spiegarli si fa ricorso alla globalizzazione. Il mondo è più largo: è possibile muoversi tra Stati, far circolare agevolmente merci, capitali e idee; così i valori della condivisione e dell’integrazione diventano lo strumento per arginare la liquidità, ma soprattutto le fondamenta per abbattere i “nuovi muri”, culturali, sociali e geo-economici.

Altresì è importante guardare un po’ più indietro. La storia insegna ai governanti che l’adozione di politiche protezioniste genera solo isolamento, ovvero nulla di buono, quanto meno a lungo termine, mentre l’apertura dell’economia porta buoni frutti, sebbene questi non possano maturare tutti nello stesso luogo ma si disperdano tra tanti - ne è un esempio il fatto che nei paesi in via di sviluppo (PVS) tra il 1970 ed il 2000 sia calato il tasso di mortalità infantile dal 109% al 59%, ma anche un generalizzato miglioramento delle aspettative di vita.

Nelle scorse settimane il neo eletto presidente ha scelto di cambiare rotta rispetto al mondo. Ha sì mantenuto le promesse della campagna elettorale, ma quale è il prezzo di questi atti? Sono stati diversi i presidenti, tra gli altri J.F.Kennedy, che fecero promesse in campagna elettorale, ma non esitarono un istante a cambiare con disinvoltura idea dopo essere stati eletti perché la differenza tra il prima ed il dopo è la responsabilità che deriva da queste scelte.

Il ruolo degli States nel corso del Novecento è stato peculiare, hanno nei condotto il gioco, stretto alleanze, ed oggi?

Oggi questioni delicate come migrazioni, islam, ambiente ed integrazione economica vengono affrontate con approssimazione, senza una visione d’insieme di ciò che è oggi, di ciò che ieri ha reso grande l’America.

Spero che la democrazia e la libertà possano sopravvivere alla paura, ma soprattutto all’incertezza.