L'immagine dominante di Napoli
Qual è l'immagine e dunque la reputazione che circola di Napoli nell'opinione pubblica di altre città, nei mezzi di comunicazione di massa, nei circoli esclusivi, quelli che decidono dove collocare denaro, imprese, fabbriche e uffici?
Per dare una risposta a questa domanda alcuni ricorrono alla categoria della complessità, per dire che Napoli è una città complicata dove s'intrecciano molti elementi contraddittori, spinte al progresso e fattori di decadenza, e non si potrebbe dire quale prevalga e sia dominante. Questa rappresentazione a prima vista coglie la realtà napoletana ma poi ci lascia ostaggi di ambiguità e indecisione, non ci aiuta a rintracciare e a rafforzare una tendenza prevalente nella nostra città.
A me piace invece mettere in ordine alcuni tratti che prevalgono nelle istituzioni, nella società e nell'economia di Napoli e invitare i cittadini a scegliere, a schierarsi su quali puntare per il futuro.
Partendo dalle istituzioni (politica e amministrazioni pubbliche) la prima immagine di Napoli che appare, è la confusione, il pasticcio, fino alla paralisi dei protagonisti istituzionali. La città riflette più che altrove la crisi dei partiti politici che si sono ridotti, nel migliore dei casi, a conventicole di pochi dirigenti con scarso controllo e quasi nessuna partecipazione degli iscritti. L'ultimo episodio che è esploso nella politica cittadina, è quello di alcuni candidati al consiglio comunale che al momento delle elezioni municipali erano stati inseriti in una lista a loro insaputa. Ma ciò viene dopo alcuni anni in cui sezioni e circoli dei partiti si sono liquefatti, le iscrizioni sono state controllate dai cosiddetti signori delle tessere, tra gli eletti nelle assemblee elettive si sono fatti strada i parenti dei leader che ne ereditavano le clientele elettorali.
Non stupisce perciò che a Napoli le cronache della politica parlino un giorno sì e l'altro pure sempre e solo di due uomini politici. Uno (il sindaco della città) tenta di costruirsi un partito personale per lanciarsi nella grande battaglia delle elezioni politiche nazionali, entrare tra i nuovi parlamentari e lasciare alla scadenza la carica di primo cittadino ad un suo fidato, che potrebbe essere (si dice) un congiunto stretto. L'altro (il governatore della Regione) lavora anche lui a un partito personale e usa questa carta per bussare alle porte dei ministeri romani e ottenere investiture ulteriori a rafforzamento della sua carica.
Stando così le cose, sono rari i cittadini che confidano nella politica locale e nelle istituzioni rappresentative ritenendole leve decisive per il progresso di Napoli. Prevale accanto allo scoraggiamento l'idea che le novità positive di rilievo per l'avvenire della città, se ci saranno, si manifesteranno a prescindere dalla politica e dei suoi attori locali.
La seconda immagine di Napoli che si proietta all'esterno, è quella di una città dominata dal malaffare, dalla camorra e dai suoi delitti, dal commercio di droga, dal coinvolgimento dei minorenni e di intere famiglie nei traffici malavitosi. E' un'immagine desolata e fino ad alcuni mesi fa sovrastava altre tendenze di segno contrario che pure si manifestavano nella società napoletana. Ad esempio di contrasto del malaffare si può citare la fioritura di associazioni non profittevoli, di cooperative sociali, di gruppi animati da spirito civico, tutti soggetti che concorrono ad innalzare barriere protettive contro la criminalità organizzata e sono presenti e attivi nei quartieri della periferia.
La pigrizia e l'ossessione dello scoop che domina tra tanti giornalisti della carta stampata locale, non hanno finora prestato sufficiente attenzione, non hanno dato spazio alle iniziative più virtuose che questi soggetti assumono e ai risultati notevoli che ottengono nel contrastare miseria, analfabetismo, emarginazione sociale e nell'indicare ai più giovani che al crimine ci sono alternative di lavoro e di vita.
Un faro inatteso si è acceso negli ultimi tempi sulla società napoletana mostrando che la delinquenza organizzata non è la nota dominante. Mi riferisco alla serie televisiva dei Bastardi di Pizzofalcone tratta dai romanzi di uno scrittore napoletano, Maurizio De Giovanni. Gli episodi del serial da un lato mettono in luce la professionalità e l'impegno di magistratura e polizia nel risolvere gli omicidi e dall'altro lato mostrano che i colpevoli si annidano anche tra gli insospettabili esponenti delle fasce sociali alte, non sempre tra poveracci, emarginati e delinquenti abituali.
Alcuni critici degli episodi dei Bastardi sostengono che Napoli vi è rappresentata come una cartolina illustrata, come una città di ineguagliata bellezza per il panorama, le strade, i palazzi signorili dove storia e arte si fondono destando meraviglia.
I fatti però dicono che Napoli è veramente una città bella e a tratti dotata di un patrimonio abitativo invidiabile. Questi fatti, documentati da una buona trasmissione televisiva entrata nelle case di tanti italiani, ci fanno respirare e ci inducono a meglio sopportare le brutture che pure deturpano la società locale.
C'è infine una terza immagine della nostra città che a mio avviso dovremmo valorizzare e rendere prevalente specie agli occhi esterni, di italiani e stranieri: è l'immagine di Napoli laboriosa che lavora e produce ricchezza.
A giugno scorso è uscito un libro (Napoli oltre la crisi, un futuro possibile, Guida editori) da me curato e con una mia introduzione, libro che pubblica i saggi inediti di otto sociologi, economisti e urbanisti napoletani, i quali hanno posto in evidenza che la nostra città non è affatto in lento, irrimediabile declino come vuole un luogo comune. E non è affatto vero che l'economia locale sarebbe strangolata da forze esterne, da un Stato nemico e da un Nord d'Italia egoista.
Abbiamo invece documentato che a Napoli sopravvivono e talvolta si fanno strada con successo imprese vitali e gruppi sociali emergenti nell'industria manifatturiera dove convivono produzioni innovative (ad esempio nel settore aerospaziale) e attività tradizionali (come nella produzione dei guanti, nell'abbigliamento maschile, nelle calzature per donne); nei nuovi mezzi di comunicazione (i giornali on line); nel cinema d'animazione; nell'uso del patrimonio storico; nell'accoglienza dei turisti (gli esercizi B&B, l'offerta cioè ai turisti di letto e prima colazione); nell'avvio di una politica attiva del lavoro; nella bonifica del territorio (progettata a Bagnoli).
Gli ostacoli al progresso economico e civile della città e del suo retroterra non vengono dunque prevalentemente dall'esterno, come vuole una vulgata che combina vittimismo e nostalgia di un Vicereame borbonico. Sono invece ostacoli per lo più interni.
Due esempi sono eloquenti in proposito. Uno è il caso del porto di Napoli che potenzialmente sarebbe la più solida realtà produttiva locale, in grado di dare lavoro ad altre migliaia di persone ed è stato invece affidato fino all'anno scorso ad una gestione commissariale burocratica, priva di progetti di lungo termine. L'altro è il caso della gestione dei fondi europei che sono stati in buona misura inutilizzati negli anni della passata programmazione (il periodo 2007-2013) e perciò restituiti all'Unione europea.
Segni di cambiamento fortunatamente si presentano oggi. E' nata l'Autorità portuale del Mar Tirreno centrale che incorpora il porto di Napoli ed è stata affidata alla presidenza di una persona competente che promette un programma innovativo. I nuovi fondi strutturali europei per gli anni 2017-2020 a loro volta potrebbero far tesoro dell'esperienza passata ed evitare gli errori commessi, ad esempio nella gestione del progetto Unesco per la riqualificazione del Centro storico di Napoli.
La laboriosità dei napoletani, testimoniata dall'esperienza recente che smentisce i pregiudizi sui nostri concittadini, pregiudizi sedimentati nelle chiacchiere di salotto ascoltate da Roma in su, è una forza che si ravviva continuamente. Se fosse congiunta col buon governo delle istituzioni locali questa forza riempirebbe oltre la metà il bicchiere della bevanda necessaria per il benessere della popolazione.