Il tallone d'Achille del Mezzogiorno
Dov'è debole l'economia meridionale? Quali cure potranno irrobustire le strutture portanti del nostro territorio permettendo di generare tanti posti di lavoro da assorbire buona parte della disoccupazione giovanile che affligge le popolazioni del Sud? Quante e quali imprese possono crescere e affermarsi sul territorio del Mezzogiorno creando nuova ricchezza necessaria?
A queste domande provano a dare risposte i ministri del governo Gentiloni, che sono i migliori tra i politici all'opera sulla scena. Parlo di personaggi quali Graziano Del Rio, ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Giuliano Poletti, ministro del lavoro, Claudio De Vincenti, ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, Maria Anna Maida, ministra per la riforma della pubblica amministrazione, Carlo Calenda, ministro dello sviluppo economico. Questi ministri hanno qualità personali che spiccano a confronto della platea dei politicanti degli altri partiti: a confronto con un Matteo Salvini della Lega Nord, agitatore e agitato, capace appena di far leva sulle pulsioni razziste e identitarie degli italiani; con una Giorgia Meloni, cresciuta tra i fascisti di Alleanza Nazionale e rimasta fascistoide; con un Luigi Di Maio, giovane leader del Movimento 5 stelle, che si candida (addirittura!) presidente del Consiglio dei ministri, noto fino ad oggi per la sua totale ignoranza di storia, politica estera, sintassi della lingua italiana (da qui la battaglia da Di Maio finora non vinta per l'uso corretto dei congiuntivi nei suoi discorsi obbligatoriamente pronunciati in lingua italiana non conoscendo il Di Maio altra lingua, una battaglia diagnosticata ironicamente dai suoi critici come congiuntivite).
I ministri del governo Gentiloni al contrario dei loro avversari politici sono persone serie e competenti, capaci di amministrare la cosa pubblica adottando provvedimenti appropriati senza cedere alla demagogia, non ricercando i consensi effimeri dei tanti italiani incazzati per le pensioni al minimo, per le tasse alte, per i figli in cerca di un lavoro, per la lentezza delle amministrazioni pubbliche.
I collaboratori del primo ministro Paolo Gentiloni stanno dedicando buona parte del loro impegno a rimettere in moto l'economia del Mezzogiorno.
Il ministro Del Rio cura in particolare il riordino dei porti meridionali, da Napoli a Salerno, a Gioia Tauro, per attivare in questi porti le zone economiche speciali dove localizzare imprese esportatrici che godano di forti esenzioni fiscali.
Il ministro Poletti ha avviato il reddito d'inclusione, una misura di lotta alla povertà che fa leva sull'iniziativa delle famiglie indigenti per uscire dalla miseria. Il reddito d'inclusione è detto così perchè vuole includere la povera gente nella comunità delle persone attive anzichè relegarli tra i cittadini cronicamente sussidiati e dipendenti dalla beneficenza pubblica. Il reddito d'inclusione perciò non va confuso con altre proposte, come ad esempio il reddito di cittadinanza decantato dal Movimento 5 Stelle, che vorrebbero pagare un sussidio permanente ai poveri isolandoli in un recinto separato dal resto della cittadinanza.
La ministra Madia prepara il riordino delle società pubbliche che specie nel Sud d'Italia sono diventate negli anni appendici delle amministrazioni pubbliche locali, capaci per lo più di dare gettoni di presenza ai politici trombati nelle elezioni.
Il ministro De Vincenti che è istituzionalmente il maggiore responsabile dello sviluppo del Mezzogiorno, ha predisposto provvedimenti di decontribuzione (alleggerimento dei contributi
sociali pagati dalle imprese che assumono lavoratori, soprattutto giovani) e il credito d'imposta (minori tasse pagate dalle imprese sulle spese per investimenti).
Il ministro Calenda con le misure dette Industria 4.0 si propone di incentivare gli investimenti che permettono alle imprese d'introdurre innovazioni nell'apparato produttivo come i robot e le stampanti a tre dimensioni ovvero permettono di adottare le nuove tecnologie digitali. Questi investimenti fiscalmente agevolati contribuiranno ad ammodernare l'industria manifatturiera del Mezzogiorno.
Che cosa manca alla politica per il Mezzogiorno elaborata dai ministri del governo Gentiloni? Dov'è il tallone d'Achille, la debolezza di tante misure pure così numerose e articolate?
Il guaio sta nella debolezza delle istituzioni pubbliche che operano nel Mezzogiorno, nella scarsa attrezzatura di personale e procedure organizzative, nel mancato coordinamento degli enti territoriali, di Comuni, Città metropolitane, Regioni.
Una riprova drammatica della debolezza istituzionale degli enti territoriali del Sud l'abbiamo avuta questa estate con la tempesta di incendi che hanno devastato specie la Campania e la Sicilia, incendi dovuti prevalentemente ad autocombustione e in minima parte all'opera di delinquenti. E poi sono sopraggiunte piogge torrenziali, alluvioni e dissesto di un territorio disordinatamente urbanizzato.
Stiamo pagando in Italia e soprattutto al Sud la demagogia delle autonomie locali diffuse, dei poteri sovrapposti tra Comuni, dei conflitti tra istituzioni rappresentative (tra Comuni, Città metropolitane e Regioni), delle gelosie tra sindaci e governatori, tra consiglieri locali eletti, ognuno dei quali immagina di poter amministrare una Repubblica indipendente.
Paghiamo la bocciatura della riforma costituzionale che intendeva ridisegnare poteri e competenze detto Stato e delle Regioni. Paghiamo la timidezza con cui si affronta la questione dell'accorpamento dei piccoli Comuni, della rivitalizzazione di Comuni desertificati, privi di abitanti e carichi di abitazioni fatiscenti.
E' troppo sperare che dalle elezioni politiche del prossimo anno nasca un governo che abbia intenzione di rattoppare questa tela sgranata di istituzioni locali oggi allo sbando?
Mariano D'Antonio, economista