fbpx

Napoli e l'esercito di terracotta

Scritto da Rita Felerico Il . Inserito in Mostre

Esercito di Terracotta 1 Ph Mario Zifarelli

La Basilica dello Spirito Santo, una delle più ricche e interessanti della città, fu edificata nel 1562 su un’area dove sorgeva il palazzo nobiliare del Duca di Monteleone e una piccola chiesa alla quale erano annessi due conservatori, uno detto dei bianchi, che accoglieva le povere fanciulle della città, e uno detto dei verdi, riferimento per le figlie delle prostitute. In questi giorni, e fino al 28 gennaio 2018, la basilica ospita – per una voluta scelta - la mostra internazionale “L’Esercito di Terracotta e il primo Imperatore della Cina”, realizzata da LiveTree e Terminal 2 con la collaborazione di Medea Art e Vivaticket.

L’ottava meraviglia del mondo – così viene denominato - è un viaggio straordinario nella Cina di 2.200 anni fa e la mostra è l’esposizione itinerante più completa mai proposta fino ad oggi sulla necropoli e la vita del Primo Imperatore, Qin Shi Huan-Gdi; dei guerrieri che componevano l’ “Esercito”, ideato sostanzialmente per esorcizzare la paura della morte, ne sono stati portati alla luce - su circa 2000- 1800.

Perché Napoli come prima tappa nazionale? «La scelta di Napoli per inaugurare questa grande mostra internazionale - spiega il curatore italiano Fabio Di Gioia , produttore già di “The Days of The Dinosaur” e “Van Gogh Alive - The Experience”, che a giorni approderà, dopo il successo presso la Reggia di Caserta, nella Basilica di San Giovanni Maggiore Pignatelli - poggia su importanti affinità culturali, pensiamo al culto dei morti o alla forza evocativa della scultura che anche a Napoli sopravvive in una fervida tradizione artigianale. E questo viaggio nel cuore della necropoli cinese, aperto alle scuole e alle università, vuol essere anche occasione importante per stimolare l’attività di scambio tra istituzioni ed eccellenze culturali di due Paesi solo apparentemente lontani».

Si conferma l’antico legame tra la città partenopea e la cultura cinese; penso all’Università degli Studi l’Orientale, alla passione che accompagnò il fondatore di quel Collegio dei Cinesi, Matteo Ripa, penso alla fervente attività di associazioni culturali, la più nota è la Confucio, che mantengono viva a Napoli una tradizione di accoglienza e di dialogo che supera ogni altro discorso economico e commerciale.

La mostra stravolge, nel suo allestimento, lo spazio della chiesa; sembra di entrare in una fantastica giostra ricca di una esuberante ma elegante bellezza che non fa rimpiangere il nascondimento di un Fischetti o di un Naccherino lì custoditi. Il percorso attraversa 300 riproduzioni tra statue – oltre 170 tra soldati e cavalli - carri, armi e utensili del quotidiano scoperti nella necropoli, figure di animali sacri e cari all’Imperatore. Un percorso / spettacolo, che termina con una sensazionale installazione illuminata a ritmo di musica, e ancora inserti audiovisivi, videoproiezioni su schermi giganti, audio guide, una zona interattiva che illustra il metodo e la realizzazione delle statue, frutto di un sapiente lavoro artigianale tramandato per materiali e tecniche di generazione in generazione.

L’Esercito di Terracotta, una delle più grandi realtà archeologiche del XX secolo, è stato scoperto per pura casualità, da un contadino alla ricerca di acqua nello Xi’An, zona della Cina orientale ed è solo una parte di quello che era il mausoleo dedicato al fondatore dell’impero asiatico. Emozionanti sono le statue originali poste all’inizio del percorso, ad altezza d’uomo, misteriche e nette ed eleganti nella fattura semplice ma decorativa; interessanti tutti gli altri calchi frammisti alle originali sculture dei carri o degli animali o del vasellame o delle armi.

Il culto della morte, è vero, la tradizione artigianale, è vero; ma non è solo questo ad unire due civiltà diverse nella storia e nelle tradizioni. Camminando, leggendo le tracce /guida della mostra, ho pensato ai calchi greci; ammaliata dalla bellezza dei volti, dal silenzio astratto e lontano delle linee metafisiche ho collegato i guerrieri alle immagini dei kouroi greci. Nel 2016 alcuni archeologici avanzarono l’ipotesi che le statue potessero essere ispirate a quelle greche, diffuse in Asia da Alessandro Magno. La tradizione dell’arte cinese non ha precedenti nella produzione di statue ad altezza naturale e nella realizzazione di figure in bronzo con il metodo della fusione a cera persa, tecnica diffusa in Egitto e in Grecia. E leggendo della costruzione e gestione del potere dell’imperatore, ho unito la maestria dei romani a quella del giovane Qin: uniformare la scrittura, le leggi, viaggiare per i territori – anche in forma anonima - per ‘controllare’ l’organizzazione delle città e dei villaggi al fine di consolidare il potere. Anche nella sua dissoluzione e corruzione l’impero cinese assomiglia nelle modalità a quello di Roma. In forme e modi diversi a seconda delle circostanze e del qui e dell’ora, ma il comportamento e la reazione dell’uomo resta quasi una risposta ‘scontata’, uniforme.

Ad unirci oltre agli archetipi, ai miti, ai riti si tocca con mano l’esistenza - potremmo dire – di un ‘fattore genetico’, appartenente solo alla sfera dell’ umano. Direbbe Shakespeare :” Siamo fatti della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita” ( da La Tempesta ). Di qui i nostri ‘sforzi’, meravigliosi, artistici,di superare i nostri limiti, a volte con espressività quasi nascoste, timide, a volte affabulatrici, a volte dichiaratamente maestose e vistose, come questo Esercito, patrimonio anch’esso dell’umanità.