Ritardo del treno: risarcibile il (solo) danno patrimoniale
La Cassazione ha stabilito che, in caso di ritardo del treno, i viaggiatori raffreddati per il freddo patito possono ottenere il risarcimento esclusivamente del danno patrimoniale (e non anche di quello non patrimoniale).
La sentenza n.10596/2018 infatti ha prospettato per i passeggeri la restituzione solo del 50% del prezzo del biglietto. In particolare il convoglio, partito da Milano Rogoredo 2 ore dopo l’orario prefissato, riportava un guasto all’impianto elettrico e di riscaldamento, lasciando i passeggeri al buio e al freddo. Questo il motivo per il quale due coniugi citavano dinnanzi al Giudice di Pace la compagnia Trenitalia per sentirla condannare al risarcimento patrimoniale e non patrimoniale.
Il Giudice, preso atto delle testimonianze, aveva riconosciuto anche il danno non patrimoniale in virtù dell’estremo disagio patito dai passeggeri a bordo. Tuttavia, appellata la sentenza dinnanzi al Tribunale, da un lato veniva riconosciuto che ricadesse sul vettore l’obbligo di un’adeguata manutenzione del mezzo di trasporto, dall’altro riteneva che le cinque ore di ritardo potessero integrare al più un inesatto adempimento contrattuale da parte di Trenitalia.
Pertanto, era da riconoscersi il solo danno patrimoniale, quantificato nella misura del 50 per cento di quanto versato per l’acquisto del titolo di viaggio. In soldoni,solo 15 euro (e non 424 come prospettato dal giudice di prime cure).
Una volta proposto ricorso in Cassazione, la Suprema Corte con la sentenza in esame ha giudicato corretto e immune da vizi il ragionamento del Tribunale, ricordando come il risarcimento del danno non patrimoniale sia azionabile nella misura in cui sussista una grave e seria violazione di specifici diritti inviolabili della persona. Risultavano pertanto non meritevoli di tutela risarcitoria i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale: ogni persona inserita nel complesso sociale, infatti, deve accettare, in virtù di convivenza, “un grado minimo di tolleranza”.
Insomma, il pregiudizio esistenziale era sì esistente, ma la Cassazione non ha ritenuto che questo valicasse “quella soglia di sufficiente gravità e compromissione del o dei diritti lesi, individuata in via interpretativa dalle Sezioni Unite del 2008 (sent. n. 2697/2008)”. E infatti la “sindrome da raffreddamento” diagnosticata nel certificato medico non configurava, secondo la ricostruzione della Suprema Corte, una patologia abbastanza grave per poter ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale, e non era abbastanza per provare il nesso di causalità tra la patologia ed il freddo preso sul treno.