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Campania Segreta: Faicchio

Scritto da Luca Murolo Il . Inserito in Linea di Confine

copertina

Arriviamo a Faicchio dalla strada provinciale di Cerreto Sannita, di rientro da un’esplorazione al Parco Paleontologico di Pietraroja, sulle tracce di Ciro, il cucciolo di dinosauro ritrovato qui qualche anno fa.
La strada è immersa nel verde, all’inizio affacciata sul torrente Titerno, ma ben presto ne perdiamo il tracciato perché coperto dagli alberi, ma se ne intuisce la presenza. L’atmosfera è magica, stiamo appena riemergendo da un salto nella preistoria, che ci immergiamo nel medio-evo. Un chiesetta in pietra ci accoglie alle porte dell’abitato, un ponticello, un ruscello, antiche mura e poi, dopo la curva un’improbabile Torre dell’Orologio in stile moderno, vagamente decò, in contrasto con tutto ciò che la circonda ci riporta nel nostro tempo.

Il territorio, abitato sin dalla preistoria, come testimoniano numerosi reperti conservati nel Museo del Sannio di Benevento, è stato nel VI sec. a. C. una roccaforte dei Sanniti. La cima di monte Acero, ultimo avamposto a sud della tribù dei Pentri, una delle quattro che formavano la lega sannitica, fu cinta da mura megalitiche e fungeva da fortezza per l’avvistamento di nemici, ed era nota con il nome di “Arce di monte Acero”. Ancora oggi se ne possono ammirare dei resti. Segue tutta la storia della vicina Pietraroja, di cui ho appena parlato nell’articolo della settimana scorsa, fino all’avvento dei Sanframundo, il cui capostipite, Guglielmo I,nel 1135, fece costruire il Castello che ne resta la maggiore attrattiva. Situato tra il monte Acero ed il monte Gioia, sovrastante il torrente Titerno, aveva all’epoca una posizione dominante sulla zona. Oggigiorno si trova al centro del paese. Così come le chiese di San Rocco e di San Giovanni Battista, e la Collegiata di Santa Maria Assunta. A questa appartengono le chiese rurali delle vicine contrade, Fontanafredda, Massa, Mafari e Casale, dove vive la maggior parte degli abitanti, circa 3500, che sin dai tempi medievali preferivano risiedere qui piuttosto che nel centro storico. Di grande interesse gli affreschi paleo-cristiani presenti in qualcuna delle chiesette rurali, in particolare nell’Oratorio di San Giorgio, giusto all’ingresso dell’abitato dal lato della strada che viene da Cerreto Sannita. Altresì degna di una visita è la chiesa dedicata a San Michele, costruita all’interno di una grotta.

Il Castello, a pianta trapezoidale, con una torre ad ogni angolo, a noi Napoletani da immediatamente un’impressione familiare, infatti ricorda molto, in piccolo, il Maschio Angioino, noto su tutti i testi storici come Castel Nuovo, e ciò è dovuto ai grandi restauri effettuati nel 1479 dal Monsorio, maggiordomo del re Ferrante I d’Aragona. Restò di proprietà di questa famiglia fino al 1520, poi, dopo alterne vicende, divenne dominio dei De Martino, fino al 1806, anno in cui fu decretata la fine del feudalesimo. In onore del suo capostipite, il duca Gabriele De Martino, è tuttora chiamato il Castello Ducale.Anticamente era circondato da un fossato e vi si accedeva esclusivamente tramite un ponte levatoio.

Due torri si ergono ai lati del portone, sovrastato dallo stemma dei De Martino. Il lato che affaccia su piazza Roma presenta due ordini di terrazze; la superiore sulla quale si aprono gli appartamenti privati, l’inferiore, le sale di rappresentanza. Nel suo angolo estremo c’è l’ingresso della Cappella Palatina, ed immediatamente sotto, inclusa nelle mura, la terza torre. La quarta, quella che dava sulla Collegiata di Santa Maria Assunta, è completamente crollata, probabilmente a causa di uno dei numerosi terremoti che hanno afflitto l’area. Alla cappella si accede anche da una scala nel cortile principale, che ricorda ancora il fratello maggiore di Napoli, il Maschio Angioino. Ricca di stucchi barocchi, ospitavo un importante quadro raffigurante Santa Barbara, oggi disperso. Al tempo i condannati venivano fatti avvicinare per baciare il quadro, un trabocchetto si apriva nel pavimento, ed il malcapitato di turno precipitava nelle segrete del castello, e raramente rivedeva la luce del sole. Oggi del quadro c’è una copia, ma la botola è sempre lì, ma i sotterranei, in gran parte ostruiti, non sono accessibili al pubblico.

Quando arriviamo noi, anche il castello non sarebbe accessibile al pubblico, causa lavori in corso, ma uno dei proprietari, gentilmente ci lascia entrare. Ci spiega che il piccolo restauro riguarda il ristorante, che fino ad oggi era aperto solo per cerimonie e banchetti, ma prestissimo sarà a disposizione anche degli avventori privati.

Notevole. Non ci resta che ritornare per vedere come si mangia.