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La forza del dialogo con i giovani per sottrarli alla mafia

Scritto da Maria Rosaria Salierno Il . Inserito in Vac 'e Press

foto Ilmessaggero.it

La mafia coinvolge e cattura migliaia di giovani a partire dalla prima infanzia; essa socializza, forma, educa e trasmette la sua cultura, superando abissalmente l'educazione impartita in maniera formale dalla scuola e dalle istituzioni culturali. 

L'universo pedagogico italiano è stato assente a questo riguardo e non ha mai posto in evidenza il grande problema del rapporto delle scienze pedagogiche con i fenomeni di devianza mafiosa. Se è vero che si apprende il comportamento mafioso, certo si può apprendere il comportamento non mafioso, socialmente valido. È qui la grande scommessa ed è qui la responsabilità degli educatori, del loro intervento educativo e formativo. La pedagogia deve porsi come reale ed operativo contributo, proporre interventi modificanti, che possono aiutare il giovane.

Un aiuto lo si potrebbe ricevere anche attraverso la forza del dialogo. Il crimine è “come un seme” che impiantato mette radice profonde, difficili poi da sradicare se non si interviene immediatamente. Ormai la mafia è già ben radicata sul nostro territorio, ma si può ancora intervenire, togliendole la linfa che le permette di produrli, cioè i giovani. Sono proprio loro che danno maggiore forza alla criminalità organizzata, prestando la loro manodopera.

Gli effetti della crisi - i licenziamenti, la cassa integrazione, la disoccupazione -, portano centinaia di migliaia di lavoratori a perdere il loro posto di lavoro. Migliaia di giovani, soprattutto al Sud, emigrano in cerca di un futuro meno precario. Inoltre, in contesti urbani particolarmente degradati, la crisi ha favorito l’avvicinamento di molti giovani ad attività illegali, attraverso un percorso graduale che dai contesti “borderline” legali ed illegali, quali la contraffazione, il gioco d’azzardo, le truffe, li portano a pieno titolo ad essere inseriti in organizzazioni criminali strutturate.

Sono tanti i giovani italiani legati alla mafia, dalla Sicilia alla Calabria fino ai margini della Capitale. Un esercito di ragazzini cresciuto all’ombra dei clan e di cattivi consiglieri, pronti a morire o ad uccidere. Notorietà, reputazione, potere, soldi facili, sono questi che attirano i giovani nella rete che con tanta cura la mafia ha tessuto.

Come possiamo aiutarli? In primo luogo, attraverso il dialogo che aiuta a riflettere. Il dialogo può aiutarli a capire che non sempre la strada più semplice è la migliore. Purtroppo, oggi i giovani sono ammaliati dal denaro e dal potere e questo la mafia lo sa bene. La mafia gioca proprio su questo, sulla fragilità dei giovani, che non si sanno difendere, perché troppo abbagliati dal potere e dalle false promesse. Attraverso associazioni e fondazioni è possibile fare sperimentare ai giovani chance di vita diverse. Per riuscire ad allontanare i giovani dalla criminalità, serve la costruzione di percorsi formativi, corsi di ballo, di canto, corsi di educazione civica. Lo scopo resta sempre lo stesso: far maturare la consapevolezza del valore della legalità, con particolare riferimento alle mafie, alla corruzione e alla conoscenza dei principi costituzionali.

I giovani sono il nostro futuro, le istituzioni dovrebbero aiutarli a crescere a formarsi ed allontanarli dal mondo della criminalità. Sono troppe le cose che stravolgono il nostro Paese, ma una in particolare è la più preoccupante. Se continuerà a dilagare questa crisi di legalità per i nostri figli non ci sarà lo splendido futuro che tanto abbiamo sognato per loro. Per questo motivo, è fondamentale giocare d’anticipo: creare leggi che tutelino di più i ragazzi, ma anche leggi che si occupino della situazione dei pentiti in modo tale che questi ultimi non abbandonino lo status di collaboratore di giustizie e continuino a contribuire alla lotta alla criminalità organizzata.