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La recessione di primavera

Scritto da Mariano D'Antonio Il . Inserito in Vac 'e Press

primavera

Nuvole si addensano all'orizzonte dell'economia annunciando una tempesta che scoppierà nella primavera inoltrata di quest'anno nuovo. La crescita tende a ridursi toccando + 0,6 per cento, meno della metà di quanto avevano previsto Di Maio e Salvini quando hanno formato il governo.
L'Italia è sprovvista di un paracadute necessario, di progetti d'investimento delle amministrazioni pubbliche che sostengano lavoro e redditi degli occupati. La recessione che si è già avviata in Germania, si sta propagando in Italia attraverso il calo della produzione di autovetture, della chimica, della farmaceutica.

In Campania, nel Mezzogiorno e in particolare a Napoli reggono ancora gli investimenti pubblici per la creazione di nuove imprese con gli incentivi della misura "Garanzia giovani" concessi ai giovani in età 18-29 anni (già avviate 500 nuove aziende), con la legge "Resto al Sud" per i nuovi imprenditori fino a 45 anni (prestiti rimborsabili in 8 anni e finanziamenti fino al 35% a fondo perduto già concessi a 984 nuove imprese), con una misura regionale detta "Ricomincio da me" (25mila euro a fondo perduto a imprenditori autonomi senza limiti d'età, beneficiari già individuati in 131 nuovi operatori).

Il presidente della Regione De Luca da un lato scommette sugli imprenditori nascenti sottovalutando il rischio di una contrazione generalizzata del mercato di sbocco, da un altro lato ha scelto di contrastare i sostenitori nordisti del cosiddetto regionalismo differenziato, i governatori del Veneto e della Lombardia che vorrebbero azzerare i trasferimenti di risorse dai bilanci delle Regioni del Nord al Mezzogiorno. Vincenzo De Luca ha ingaggiato sulla questione una finta battaglia: il regionalismo differenziato difficilmente potrà diventare legge dello Stato perchè violerebbe apertamente la Costituzione repubblicana. Al più i nordisti potranno accrescere l'area di legislazione concorrente tra Stato e Regione e prevedere che il bilancio dello Stato attribuisca in qualche area finanziamenti aggiuntivi alle Regioni settentrionali.

Il sindaco di Napoli de Magistris che è ancora in cerca di una nuova collocazione politica in vista del suo trasloco dal Comune, cavalca invece le aspirazioni dei migranti, contende al ministro dell'interno Salvini il permesso di sbarco nel golfo e ambedue i duellanti ignorano o fingono d'ignorare che nè l'uno nè l'altro hanno il potere d'ordinare nulla all'Autorità portuale.

Sperando che le previsioni dei potenti locali, del governatore della Campania e del sindaco di Napoli, non siano ridimensionate oppure spazzate via dalla recessione produttiva prevista in primavera, poniamoci alcune domande sui punti di forza e di debolezza dell'economia locale.

Una domanda preliminare riguarda la forza delle imprese e delle famiglie di generare localmente lavoro e quale tipo di lavoro. Una risposta indiretta la troviamo nei dati che in questi primi giorni di gennaio ha pubblicato la Banca d'Italia, sulle rimesse degli emigranti i quali vivendo e lavorando nel territorio italiano inviano somme di denaro ai loro familiari rimasti all'estero. Sono cifre che coprono 13 anni, dal 2005 al 2017, dalle quali si ricava che le rimesse degli emigrati stranieri ai parenti all'estero hanno seguito l'andamento ciclico dell'economia italiana toccando la vetta dei 7,4 miliardi di euro nel 2011 e poi si sono ridotte a 5 miliardi nel 2017, cioè del 32 per cento. In Campania ugualmente le rimesse degli stranieri ai loro familiari rimasti all'estero sono cadute dai 425 milioni di euro del 2011 ai 321 milioni del 2017, cioè del 25 per cento.

Queste cifre mostrano che gli immigrati stranieri sono una componente esigua del lavoro localizzato sul nostro territorio e della ricchezza che trasferiamo all'estero quando compriamo beni e servizi prodotti altrove. Inoltre gli immigrati stranieri che lavorano in Italia, svolgono mansioni (domestici, badanti, collaboratori saltuari) che di solito i nostri concittadini rifiutano perchè fruttano paghe modeste e non permettono avanzamenti di carriera. Infine le rimesse che gli immigrati inviano ai loro familiari all'estero, secondo le statistiche della Banca d'Italia provengono soprattutto da due regioni, la Lombardia e il Lazio.

In sostanza se si verificasse, com'è probabile, una recessione produttiva nei prossimi mesi, il fenomeno interesserà soprattutto i lavoratori italiani, specie i più giovani e i meno giovani, come quelli che hanno superato i 50 anni. Toccherà anche gli immigrati, che in qualche misura torneranno ai paesi d'origine.

L'augurio, anzi il sogno che alcuni di noi coltivavamo prima delle ultime elezioni politiche e prima della formazione del governo Conte-Di Maio-Salvini, il sogno di una nuova fase di stabilità prima e di ripresa poi dell'economia, in particolare del Mezzogiorno, sembra destinato a rimanere una vaga speranza. Tutto l'auspicio passava per l'attrazione di capitale straniero, di investimenti finanziati da fondi esteri che condividessero progetti con partenariato pubblico/privato.

Un ingrediente necessario per avviare questi progetti è la reputazione (lealtà, buon governo) del ceto politico che amministra la cosa pubblica. Finirà nel Mezzogiorno l'inverno del nostro scontento e cederà il passo all'estate sfolgorante del sole?

pubblicato da Repubblica Napoli il 12 gennaio 2019 a pagina XIV