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QUOTA 100: riflessi sul sistema previdenziale

Scritto da Ernesto Nocera Il . Inserito in Vac 'e Press

previdenza

Il nostro sistema previdenziale è detto “a ripartizione”. Che significa? Significa che le pensioni in corso vengono pagate con i contributi dei lavoratori attivi. Questa condizione richiede che gli attivi superino i pensionati, condizione che sta per non avverarsi più col rovesciamento dei numeri. E’ un fenomeno inarrestabile che si scontra con due gravissime questioni.

a) Il drastico calo demografico. Ogni anno l’Italia perde 170mila abitanti. Quest’anno, ad esempio, in Campania si sono chiuse migliaia di prime elementari per mancanza di alunni.

Si tratta di un fattore culturale, non economico. C’è un rifiuto della responsabilità genitoriale diffuso fra le fasce d’età fino a 40 anni. Un segnale è il progressivo innalzarsi dell’età media delle primipare ed il diffondersi dei nuclei a figlio unico. Questo argomento è confermato ‘a contrario’ dal comportamento delle fasce sociali in difficoltà. Nei quartieri popolari a basso indice di reddito la natalità è più elevata. Si arriva alla normale presenza di famiglie di sette membri e più (San Lorenzo 5% secondo le statistiche comunali) che sono anche i quartieri col più basso numero di laureati (2%), sempre secondo le statistiche comunali. Purtroppo per i sostenitori della tesi economica i numeri dicono il contrario con la loro fredda obiettività.

b) La estensione dell’età di sopravvivenza. Gli ultra ottantenni sono in aumento. Addirittura la quota dei centenari è in aumento. Dall’attuale 3 o 4 % arriverà nel 2050 al 10 %. La quota degli ultraottantenni sarà del 25% superiore a quella degli infra quattordicenni. Ciò vorrà dire una sopravvivenza media di 20 anni se si va in pensione a 62 anni con 38 di contributi. Si capisce subito che il sistema si squilibra considerato anche l’elevarsi drastico dell’età media che, per l’Italia è oggi di 80 anni per i maschi e 84 per le femmine.

É un problema che l’Italia condivide con l’Europa: 21 paesi su 28 di essi hanno la loro “legge Fornero” basate sulla previsione di un innalzamento dell’età pensionabile in ragione dell’allungarsi delle aspettative di vita. Questi dati confermano la dannosità e la strumentalità elettoralistica delle politiche di questo governo basate sulla mancanza o l’insufficienza di un’analisi dell’andamento demografico e delle sue gravi conseguenze. Noto, di passata, che questa condizione è un forte argomento a favore di una immigrazione programmate e regolamentata.

Come già detto, poiché il sistema a ripartizione è la regola nella previdenza europea. tutti i paesi europei (Italia compresa) hanno in comune questi punti di crisi:

a)Invecchiamento progressivo della popolazione;

b)Bassa natalità;

c) Allungamento della speranza di vita.

Un governo serio, pensoso dell’avvenire e delle giovani generazioni non affronta questi problemi con politiche elettoralistiche ma pone la sua attenzione alle seguenti questioni:

1) Sostenibilità economica del sistema. In Italia la spesa previdenziale è arrivata al 16,4 % del PIL pari a 286 Mld di euro. La più alta d’Europa la cui media si aggira intorno al 15%;

2)Le dinamiche dell’occupazione;

3)Adeguatezza e sostenibilità del sistema e conseguente rischio povertà. La prospettiva di avere fra 25/30 anni oltre una decina di milioni di anziani senza reddito ci deve preoccupare per la sua insostenibilità sociale e i pericoli per la democrazia.

Siamo in tempo a correggere rivedendo le basi del sistema. Intanto definendo con accuratezza il campo dei lavori gravosi e deterioranti che sono sicuramente da privilegiare e conducendo una decisa lotta al lavoro nero che altera la concorrenza fra ditte ed evade i contributi con gravi conseguenze sul sistema previdenziale.

É il caso, date le proiezioni su natalità e speranze di vita, di rivedere i pilastri del sistema attualmente pubblico e a finanziamento contributivo e fiscale. In un convegno pubblico organizzato da CGIL, CISL, UIL a Castel dell’Ovo, alla fine degli anni’70 la crisi sorgente del sistema fu avvertita e analizzata ed emerse una possibile soluzione basata su tre pilastri:

1)Una pensione minima di “cittadinanza “ uguale per tutti,

2)Una quota derivante dalla contribuzione ;

3) Una quota aggiuntiva derivante dall’adesione a fondi categoriali oa fondi di investimento sempre sotto il controllo INPS.

É un modello che si va diffondendo per consentire un abbassamento dell’incidenza sul PIL della quota previdenziale come garanzia della possibilità di tenuta del Sistema. Il Paese con la più bassa quota di incidenza sul PIL è la Gran Bretagna (5,2 % nel 2030) perché la soluzione privato / pubblica è diffusa. Certo in modo da correggere perché il carico sul

lavoratore è forte e, nelle nostre condizioni insostenibile, ma la soluzione è questa anche se tarata sulla realtà nazionali.

Da queste considerazioni emerge l’avventatezza elettorale della dichiarazione “aboliremo la legge Fornero”. Chi lo dice sa che non è possibile, tant’è vero che la sbandierata quota 100 si muove proprio nei limiti di quella legge.

I guasti derivanti dalla demagogia governativa saranno gravi e a lunga distanza se non li fermiamo a tempo.

La speranza di un cambiamento sta nell’azione di rivendicazione e sorveglianza delle grandi confederazioni poiché il sindacalismo autonomo, rinchiuso nella gabbia categoriale, ignora il problema. Molto dipenderà dalla mutazione del quadro politico. La sirena demagogica si fa ascoltare ma non dobbiamo dimenticare che ascoltare le sirene significa naufragare.