Partito Democratico: un Segretario non fa primavera!
Con la sconfitta subita nel referendum costituzionale del dicembre 2016 il clima di incertezza, che già si avvertiva nel PD, si è fortemente accentuato. Il “dibattito interno”, per usare un eufemismo, ha completamente assorbito i vertici del partito e ha coinvolto pesantemente una base sconcertata.
In questo clima si è giunti alle primarie del 3 marzo con tre pretendenti alla Segreteria nazionale: Giachetti, Martina e Zingaretti. Il risultato, la vittoria di quest’ultimo e, soprattutto, la vasta partecipazione (circa 1.600.000 cittadini) è stato accolto con giustificata soddisfazione. È parso di sentire un sospirone, come di uno scampato pericolo; quando, fino ai giorni precedenti, si sentivano commenti che, compiaciuti o addolorati secondo i punti di vista, davano per dispersa la sinistra, spacciato il PD a cui, qualcuno, suggeriva di cambiare nome; come un marchio non più spendibile.
Con il lusinghiero risultato tutto sembra cambiato. A Zingaretti vanno i migliori auguri di tutti gli autentici democratici di questo Paese perché, comunque la si pensi, il PD è una forza fondamentale, al governo o all’opposizione, del nostro sistema democratico.
Ma la bella vittoria di un personaggio convincente, esperto e pragmatico non può nascondere, azzerare i problemi del Partito. Che, a mio avviso, il Segretario dovrebbe affrontare fattivamente, ponendo in primo piano i problemi del Paese, la necessità di una opposizione seria e, se possibile, costruttiva.
Insomma “il lavoro” non solo inteso come naturale obiettivo programmatico ma come metodo interno per impegnare tutti ad agire nell’interesse del Paese rimuovendo tutti i personalismi che tanto hanno nuociuto. Così facendo potrà conseguire, contemporaneamente, due risultati: aumentare il consenso verso il Partito e liberare il dibattito interno dalle secche dell’autoreferenzialità.
Purtroppo, nonostante il numero degli amici di sempre del neosegretario sia aumentato enormemente, già si avverte qualche mormorio e sussurrare qualche veto, qualche consiglio.
L’augurio è che Zingaretti, da leader e non da capo come lui stesso afferma, sappia gestire con spirito aperto il partito: con una collegialità che non scada nell’assemblearismo paralizzante.
Rispetto al panorama nazionale la Campania, anche questa volta, si è distinta giacché, mentre per la segreteria nazionale ha scelto anch’essa Zingaretti, come Segretario regionale ha preferito Leo Annunziata abbinato a Maurizio Martina e sostenuto dal Governatore De Luca che sembra uscire ridimensionato dal parziale successo.
Anche al nuovo Segretario regionale auguriamo buon lavoro e mi permetto di ricordargli che la storia burrascosa del PD campano imporrebbe discontinuità, l'affrancamento da qualsiasi soggezione. Sfide vecchie e nuove si sovrappongono; oggi, mi sembra che il regionalismo differenziato riproponga l’irrisolta questione meridionale. Che fare? Continuare ad arroccarsi rispondendo con effimere operazioni di facciata oppure portare il PD a essere capofila di un rinnovamento che solleciti il protagonismo civico, che attivi gli enti locali a riorganizzare amministrativamente il territorio, come in altre parti d'Italia, stimolando così uno sviluppo autoctono? Insomma, discontinuità e impegno mi paiono le condizioni affinché i campani, i politici innanzitutto, possano esigere quella solidarietà e quella collaborazione di cui abbiamo tuttora bisogno. Una sfida che, anche dando per scontata la volontà, risulta necessaria ma difficile per i suoi aspetti profondi, culturali oltre che politici.
Tornando al livello nazionale. Se, con una battuta, si può dire che “un Segretario non fa primavera” tuttavia la sua affermazione è un buon inizio che dovrà trovare concreta conferma già nel prossimo Congresso nazionale con un dibattito franco e costruttivo che ponga i problemi del Paese in primo piano. Con spirito unitario il Partito Democratico potrà così riaffermare in Italia, quindi nel sud e in Campania, la sua natura progressista e autenticamente democratica tanto appannata negli ultimi anni.