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25 aprile, i nostri antenati

Scritto da Massimo Calise Il . Inserito in Vac 'e Press

25 aprile 2017

Serve ricordare il 25 aprile 1945? La storia della Liberazione può insegnarci ancora qualcosa?

Credo che la risposta debba essere affermativa; specialmente oggi che la cronaca ci ripropone fenomeni che, specialmente per i giovani, hanno un’aura di novità. In realtà è la storia che si ripete, mai identica, e la sua conoscenza ci aiuta ad interpretare ed ad affrontare il presente.


Mi riferisco a manifestazioni di estrema destra (Forza Nuova, Casapound) che, mai completamente scomparse, da alcuni mesi si ripetono con accresciuta frequenza e sfacciataggine; con i loro atteggiamenti e con lugubri simboli richiamano quel fascismo storico che è stato sconfitto dalla Resistenza. I protagonisti sono animati da una cultura violenta basata sull’intolleranza, sul razzismo, la discriminazione delle “diversità”. Certo sono minoranze ma, appunto, come la storia insegna è pericoloso sottovalutarle. Invece oggi sono tollerate e sembrano anche utili a quelle forze politiche sovraniste che hanno bisogno di “nemici” che motivino e alimentino la loro esistenza politica e questi gruppi estremistici fanno il “lavoro sporco” promuovendo un violento clima di odio.


Accanto a queste minoranze esiste una vasta e pericolosa “zona grigia”; persone che non possono essere etichettate né fasciste né di estrema destra ma che dimostrano di sottovalutarne il pericolo o addirittura di apprezzarne certi aspetti. Infatti ascoltiamo esponenti politici che fanno dichiarazioni sconcertanti; ad esempio c’è chi sostiene “da Mussolini anche cose buone”, e chi alimenta l’antisemitismo inneggiando ai “Protocolli dei sette savi di Sion”. Qualcuno esibisce, forse inconsapevolmente, slogan e simboli fascisti.


La storia ha già registrato gli enormi danni, materiali e morali, che queste idee hanno provocato. Come fronteggiare questi pericoli? Non c’è, evidentemente, una risposta unica ma certamente la consapevolezza della nostra storia è un presupposto indispensabile.
In soccorso ci può venire anche la scoperta, o la riscoperta, della letteratura della Resistenza; racconti avvincenti e profondi che ben documentano il clima di quel periodo storico, lo spirito che animava i protagonisti. Tanti sono gli autori e le opere di qualità; la mia personale preferenza va a “Una questione privata” di Beppe Fenoglio. L’autore narra la vicenda del giovane Milton che, animato dalla passione per la libertà e la giustizia, entra nelle file della Resistenza; le vicende partigiane si intrecciano con altre dettate dalla sua passione amorosa fino al tragico epilogo. “Ed è un libro” scrive Italo Calvino “di paesaggi, ed è un libro di figure rapide e tutte vive, ed è un libro di parole precise e vere.”


Penso che i tanti Milton vissuti e morti nella Resistenza siano i nostri antenati; abbiamo con loro un rapporto morale, la nostra dignità di cittadini ci impegna alla riconoscenza.
Mi chiedo cosa penserebbe Milton se resuscitasse nell’Italia d’oggi? Certo noterebbe e apprezzerebbe, rispetto ai tempi della sua esistenza, i tanti miglioramenti conseguiti in molti campi; e sarebbe fiero di averci lasciato un’Italia migliore e, proprio perché democratica, capace di migliorarsi. Ma, allo stesso tempo, noterebbe amareggiato la pericolosa dimenticanza in cui è caduta la storia di cui è stato partecipe, constaterebbe preoccupato la sottovalutazione di quei fenomeni che lo costrinsero alla guerra partigiana.


Che le parole preveggenti di Piero Gobetti “Il fascismo è stato qualcosa di più; è stato l'autobiografia della nazione” non diventino una condanna; pur nelle diversità delle idee politiche e culturali tutti insieme convintamente dobbiamo decisamente contrastare qualsiasi idea, qualsiasi movimento che voglia compromettere la nostra democrazia. Lo dobbiamo ai tanti Milton, lo dobbiamo a noi stessi e alle generazioni future.