Lettera di un militante al PD Napoli
Riceviamo e pubblichiamo questa lunga nota prima di riflessione e poi propositiva a cura di Ernesto Nocera, militante storico della sinistra napoletana ed ex sindacalista, con la speranza che possa contribuire al dibattito sulla città e sul Partito Democratico che si candiderà a guidarla. La Redazione
A Napoli il PD vive da anni una crisi gravissima, giunta ormai a livelli estremi.
La crisi ha origini e motivazioni complesse non tutte attribuibili a cause interne anche se una inefficiente e pavida direzione politica locale ha giocato il suo ruolo . Certamente la crisi napoletana si inquadra in quella nazionale e ne segue le logiche ma con particolarità significative.
La decadenza di Napoli da città operaia e produttiva a capitale della disoccupazione e del disagio sociale ha senz’altro influito. Le origini di questa crisi sono lontane e partono dalla decisione dei governi di centro-sinistra di smantellare la significativa presenza dell’industria di Stato, dall’abbandono del porto ridotto quasi essenzialmente a terminal petrolifero, dal decadimento del sistema scolastico che si traduce in un incontrollato fenomeno di abbandono scolastico nei quartieri popolari con una diffusione patologica e di massa dell’analfabetismo adulto…A S. Lorenzo, secondo statistiche comunali, c’è solo il 3% di laureati ed il 65% ha una livello, di istruzione limitato alla terza media. Né bisogna dimenticare la virulenza della Camorra, la sua influenza sociale, la diffusione capillare dei suoi traffici illeciti che in certi quartieri assicurano la sopravvivenza degli ultimi.
In questo quadro sociale e politico che avrebbe richiesto una iniziativa, una presenza forte che, superando i limiti di un meridionalismo ormai sorpassato, affrontasse la crisi con strumenti ed elaborazioni adeguate, la presenza e l’azione del PD è stata orientata alla soluzione di crisi interne a cui la città era assolutamente indifferente. Una direzione politica senza autorevolezza il cui compito era soltanto quello di regolare lo scontro fra capi clan e comitati elettorali dei vari candidati. Una visione stupidamente miope che ci ha reso marginali ed isolati proprio nei quartieri popolari ed operai. Leggete i risultati elettorali in particolare delle periferie Nord e occidentale e capirete: Scampia 12,4%; Secondigliano 12,1%; S. Pietro a Patierno 10,2 % (!)
Né può essere di qualche consolazione il fatto che la città col suo 23,29 % rientri nella media nazionale. È la disaggregazione del dato che rivela il dramma della nostra situazione. Dalla crisi non è nemmeno esente la nostra organizzazione giovanile il cui limite è quello di essere un ghetto universitario senza contatti né conoscenza della drammatica realtà giovanile napoletana. Dei giovani napoletani, dei loro problemi e dei loro bisogni i giovani del Pd non solo ignorano tutto ma non fanno niente per superare questi limiti. Sanno tutto dell’Erasmus e del Gay pride e assolutamente niente della condizione di precariato sottopagato della grande maggioranza della gioventù napoletana sottoposta, per il suo degrado, alla fascinazione della Camorra.
Per essere chiaro: ricordo al Pd che nell’universo giovanile napoletano gli universitari sono solo il 6 % circa. L’altro 94% è abbandonato a sé stesso o all’influenza della destra, molto attiva in questo campo. Forse un’analisi puntuale del voto giovanile chiarirebbe molte idee. Il vero dramma del PD, a Napoli, è la sua istituzionalizzazione. Le nostre rappresentanze consiliari, municipali, regionali, nazionali ed europee agiscono in modo autonomo come corpi separati, senza collegamento col partito che, d’altronde, non fa niente per imporsi. Se il segretario provinciale dovesse, per avventura, convocare ad esempio, i consiglieri comunali per concordare una qualche iniziativa state sicuri che non si presenterà nessuno.
Questi personaggi ragionano nella logica: I voti sono miei e ne faccio ciò che voglio. I rapporti dei circoli con le rappresentanze municipali non esistono. Una volta eletto costoro nemmeno si fanno vedere nella sede territoriale. Rammento, per inciso, che fu proprio questa condizione – prevalenza degli eletti sulle strutture territoriali- a portare il PSI all’estinzione.
CHE FARE?
Una diagnosi, anche severa, delle difficoltà del PD e della città metropolitana è abbastanza facile essendo notissime le condizioni e le cause del degrado del PD e del territorio. Altro è il discorso del che fare.
Fermezza di propositi, padronanza dell’analisi, capacità prospettiche e saldezza di comando sono, a tale scopo, necessità essenziali. Le questioni fondamentali per il PD napoletano sono quelle del lavoro, della dispersione scolastica, del degrado della città e del deterioramento dei rapporti col mondo del lavoro e dell’ampliarsi dell’area astensionista. È necessario affrontare gli argomenti per temi. Se le sedi della crisi politica del PD sono le periferie Nord e Occidentale è ad esse che bisogna porre primariamente attenzione:
a) Convocare a Scampia una Convenzione aperta al contributo di associazioni, sindacati, parrocchie per discutere insieme di quel dramma, capire le ragioni dell’astensione giovanile di massa ed insieme, con la presenza e la partecipazione del PD, affrontarne le soluzioni impegnando in questa impresa le nostre energie migliori, soprattutto giovani;
b) Preparare e convocare entro settembre una convenzione pubblica sul dramma del TPL, coinvolgendo sindacati e mondo accademico mettendo al centro la chiusura di ANM e CTP ormai marcescenti e, profittando della scadenza delle concessioni, mettere a gara il Servizio, con gara europea che contenga, come condizione obbligatoria, la tutela dei livelli occupazionali e della anzianità di servizio dei lavoratori ed il rinnovo totale del parco rotabile;
c) Attivare in ogni quartiere incontro o assemblee pubbliche con i cittadini per discutere il fenomeno della dispersione scolastica, col contributo di associazioni dei genitori e del personale insegnante;
d) sostenere apertamente, con prese di posizioni pubbliche degli organismi di partito, ai vari livelli, le iniziative dei sindacati confederali sui problemi dell’occupazione e delle crisi aziendali ed essere presenti come PD in tutti i punti di crisi;
e) Organizzare, alla ripresa autunnale una grande iniziativa sulle attività del mare, lo sviluppo del porto e lo stato di attuazione della ZES (zona economica speciale) strumento essenziale della ripresa del traffico marittimo sul sistema portuale del Golfo;
f) Convocare, d’intesa e col contributo fattivo dei GD, un incontro con le rappresentanze studentesche degli istituti superiori (licei e istituti tecnici) Una manifestazione preparata con incontri a livello di istituto con un titolo che richiami al futuro (IL FUTURO E’ IL NOSTRO PRESENTE ad esempio)Il PD e la politica in genere hanno una grande difficoltà di rapporti con i ragazzi che dobbiamo superare se vogliamo che l’Italia si rialzi;
g) Avviare subito una attività di formazione che metta i giovani a contatto con la realtà del mondo del lavoro, la questione salariale, la gestione dei contratti di lavoro con l’ausilio di esperti e di autorevoli dirigenti sindacali per superare una grave “Gap” di conoscenza ed esperienza politica.
Ovviamente queste solo soltanto indicazioni non esaustive. Toccherà agli organismi di partito definirne natura e scadenza tenendo presente l’urgenza dei problemi e la assoluta necessità di una centrale di comando forte e autorevole. Niente persone per bene, dignitosi re travicelli che tutti si divertono a prendere a sberle, Tanto per capirci. Una direzione che diventi punto di riferimento cittadino autorevole, non il cugino povero che si invita ai matrimoni per pietà.
È inutile sottolineare l’importanza che la ripresa del PD a Napoli avrebbe su tutto il Mezzogiorno. Questo dovrebbe essere il primo e più importante compito della nuova segretaria nazionale.
Prevengo la critica: questo è un libro dei sogni. Con quali forze realizzarlo? Intanto, con la mobilitazione di quelle che abbiamo ma ponendo il problema anche in sede nazionale. Il fatto che un lavoro sia duro, difficile e necessario non ci esime dal dovere di realizzarlo. Un PD nazionale che abbia difficoltà a capire l’importanza strategica e nazionale della ripresa del PD nel Mezzogiorno avrà gravi difficoltà a diventare elemento di innovazione politica nazionale.
Penso che Zingaretti e la segreteria nazionale conoscano il problema e sappiano che, in una scala di priorità, la questione è al primo posto. Non possiamo parlare di nuovo PD senza questa consapevolezza.
BUON LAVORO