De Magistris ai ragazzi di Futuro Prossimo: Facciamo fronte comune
Il sindaco di Napoli ha risposto all’appello dei giovani di Futuro Prossimo riguardo l’autonomia differenziata, una battaglia che riguarda l’equità, non tanto tra il solito concetto - oramai divenuto clichè - del divario tra Nord vs Sud, ma quanto quello riguardante l’uguaglianza tra i cittadini.
“colgo con grande soddisfazione e piena convinzione il vostro invito a “far fronte comune” contro il regionalismo differenziato. [...] penso che sia necessario anche dotarci di un pensiero originale sui fatti istituzionali che non ripeta solo analisi che non considerano a sufficienza i mutamenti radicali in corso, anche a livello europeo, sul tema delle città, ad oggi promotrici di sviluppo e non più solo attraversate dallo sviluppo. Su questo tema, come saprete, abbiamo sviluppato analisi e proposte. “
Si legge nella risposta del Sindaco di Napoli, il quale apre a un fronte comune contro una misura vorticava da molti Costituzionalisti.
In un recente articolo su la Repubblica, il prof. Massimo Villone aveva definito il regionalismo differenziato come la “secessione dei ricchi”.
La lettera dei ragazzi di Futuro Prossimo, che si dicono non contro l’autonomia in quanto tale, bensì contro quello che emerge dalla bozze, arriva a cavallo della bocciatura del Dipartimento per gli affari giuridici della Presidenza del Consiglio, il quale ha bollato le bozze come una misura che, così come posta, non garantisce dei livelli minimi di assistenza e potrebbe creare delle gravi disparità tra le varie regioni, provocando - de facto - una mutazione della forma di Governo, portando l’Italia a diventare uno Stato federale, ma senza che vi sia stato alcun intervento di revisione Costituzionale in tal senso.
Nel dossier presentato al Presidente Conte possiamo leggere: “l’attribuzione di tutte le materie di competenza concorrente, sembrerebbe collidere con il dettato costituzionale […] in quanto una così ampia estensione dell’autonomia è suscettibile di determinare, di fatto, la creazione di nuove Regioni a statuto speciale per il tramite delle procedure di cui all’articolo 116, terzo comma, Cost.” in poche parole, questo provocherebbe una rottura dell’ unità, però va aggiunto che “n merito al profilo relativo a quanta e quale parte delle materie è possibile scorporare, è stato osservato in dottrina che, tra le materie espressamente previste dalla disposizione costituzionale, alcune risultano strutturalmente non devolvibili interamente alle Regioni”.
Parliamo delle materie cardine, di quelle che determinano le prestazioni sociali erogate dallo Stato, quindi dell’istruzione, della sanità e del sistema tributario.
In tal senso, i tecnici di Palazzo aggiungono “Da evidenziare, inoltre, l’impatto del provvedimento su ambiti materiali rientranti nella competenza esclusiva dello Stato e potenzialmente suscettibili di creare disparità di trattamento tra regioni o difficolta nella libera circolazione delle persone e delle cose tra i territori regionali o limitazioni dell’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale. Per tali ragioni, si è paventato in dottrina che l’affidamento ad alcune regioni di servizi a forte contenuto redistributivo (come l’istruzione e la sanità) potrebbe portare ad un indebolimento dei diritti di cittadinanza, nonchè a problemi relativi all’individuazione di criteri per l’assegnazione delle risorse.”
Che cosa significa? I nostri diritti sarebbero compressi, un cittadino di Milano avrebbe più diritti di uno di Napoli, quindi si verificherebbe una palese violazione dell’articolo 3, in particolare del principio di uguaglianza formale.
Un altro snodo fondamentale risulta essere il ruolo del Parlamento, infatti il Dipartimento per gli studi giuridici, afferma che non è disciplinato chi avvia l’iter di intesa (nel nostro caso potremmo dire che fu il Presidente Gentiloni ad avviarlo sulla base dei referendum consultivi del 2017 ndr), ma è comunque necessario non esautorare il Parlamento, organo eletto e sovrani come stabilito dall’articolo 1 della Costituzione stessa.
Infatti, un problema che il prof. Alberto Lucarelli, costituzionalista e docente di diritto costituzionale presso la Federico II di Napoli sollevò in Commissione non molto tempo fa, era proprio questo; ovvero che dai patti di intesa fino ad ora pervenutoci, emerge che si tratterebbe di un incontro tra esecutivi e non tra parlamenti.
Altro nodo cruciale di cui da tempo si discute è il trasferimento delle risorse finanziarie, infatti, in assenza di livelli “standard” calcolati in base alla spesa storica sostenuta da ogni Regioni richiedente l’autonomia differenziata, possa provocare o meno delle differenze tra Regioni; ebbene, la risposta la troviamo al punto IV del dossier inviato a Conte, dove possiamo leggere che “Risulta dunque agevole comprendere come un tal modo di procedere implicherebbe un ingiustificato spostamento di risorse verso le regioni ad autonomia differenziata, con conseguente deprivazione delle altre (doverosamente postulandosi l’invarianza di spesa complessiva).
È dunque giocoforza impedire che, mediante un’opportuna calibrazione delle materie per cui venga formulata richiesta di autonomia differenziata, talune regioni possano perseguire un obiettivo di loro implementazione rispetto alle altre. […] l’applicazione di un simile meccanismo, appunto è, quindi, suscettibile di determinare una violazione indiretta degli articoli 5, 81, 116, terzo comma, e 119 della Costituzione”.
Volendo fare una sintesi di quanto scritto sopra, potrebbe avvenire quanto scritto da Gianluca Viesti in un suo piccolo saggio riguardante l’autonomia differenziata, cioè molte Regioni del sud impoverite, per cercare di recuperare il gap con le altre si troverebbero nella condizione di dover svendere i propri beni e servizi, provocando un peggioramento dei servizi ed anche un, sicuro, rincaro dei costi che andrebbe a discapito dei cittadini; altresì è possibile che i privati si diano alla pazza gioia avviamo licenziamenti di massa - cosa già accaduta durante la prima stagione delle privatizzazioni - provocando in seguito un emigrazione di giovani inoccupati e di disoccupati.
Allo stesso tempo, come abbiamo già scritto sopra, il nostro sistema sanitario potrebbe peggiorare, facendo si che coloro i quali vogliano curarsi devono praticare i c.d. viaggi della speranza verso Nord.
Ovviamente tutto ciò sarebbe catastrofico e sancirebbe una definitiva e forse irrevocabile secessione.
Pertanto, è opportuno che tutte le forze civiche, sindacali e politiche mettano da parte divergenze ed ambiguità, per avviare una battaglia comune contro la distruzione della Repubblica Italiana, la quale potrebbe rafforzare il feudalesimo politico a scapito dei giovani e della politica stessa, ma soprattutto sancirebbe che non tutti i cittadini sono uguagli davanti alla legge, bensì quelli del Nord sono migliori di quelli del Sud, perché qualcuno così ha deciso.