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Venezia 76 e la polemica Netflix. Voi da che parte state?

Scritto da Vitaliano Corbi Il . Inserito in Cinema & TV

Venezia76

Il Festival di Venezia ha reso noto il 25 luglio il suo attesissimo programma, annunciando la presenza di tre produzioni targate Netflix, piattaforma in streaming che si dimostra anno dopo anno un cantiere eccellente di prodotti di altissima qualità.


I tre film che saranno in concorso alla Biennale sono i seguenti: “Marriage Story” di Noah Baumbach con la dirompente presenza di attori del calibro di Scarlett Johansson, Addam Driver e Laura Dern; “The Laundromat” di Steven Soderbergh e “The King” di David Michod, quest’ultimo fuori concorso.

Non è il primo anno che opere firmate Netflix o Amazon abbiano accesso a Venezia, basti pensate all’enorme successo riscosso da “Roma” di Alfonso Cuaròn nella scorsa edizione, in grado di compiere una scalata fino all’Oscar.
Con questa premessa, che corrisponde alla realtà empirica di come sono andate le cose, sembrerà strano lo scoppio di una strabordante polemica proveniente soprattutto dall’Unione Internazionale dei Cinema, composta dalle due associazioni ANEC e ANEM e le principali sale cinematografiche dei Paesi Europei.

È anche e soprattutto uno scontro ideologico tra due linee di pensiero differenti, una a sostegno delle realtà sociali, culturali ed economiche delle classiche sale e un’altra che mette in primo piano l’apertura a un futuro contraddistinto dalla presenza pervasiva del web e dall’imporsi di un nuovo ciclo di distribuzione nell’industria cinematografica, molto meno rigido e molto più simile a una “rete”, per l’appunto.
Non è un caso che registi e autori di grande fama spazino tra produzioni cinematografiche e via web senza prediligere esclusivamente un unico canale di diffusione.

Il mercato dei media è in continua evoluzione e oggi più che mai composto da realtà molteplici, non necessariamente inconciliabili, in grado di affiancarsi e coesistere senza farsi guerra a vicenda, anche attraverso quel processo di ri-mediazione di cui parlava McLuhan, per cui è possibile l’assunzione di un medium come contenuto di un altro medium.

Su un fattore in particolare non si può non concordare a pieno: il cinema non è più unicamente quello proiettato sul grande schermo. E chi sostiene che tale processo sia sbagliato o foriero di un abbassamento di qualità dei prodotti, incappa in un romanticismo limitante che imprigiona la settima arte in un sistema anacronistico e macchinoso, privandola della possibilità di declinarsi in nuove forme e di compiere quell’evoluzione arricchente che ha ormai intrapreso negli ultimi anni.