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Un New deal per rilanciare l'economia e uscire dalla crisi partendo dal Mezzogiorno

Scritto da Mariano D'Antonio Il . Inserito in Vac 'e Press

Di Maio Zingaretti

Arrestare il declino dell'economia italiana. Invertire la rotta a partire dal Mezzogiorno. Sfruttare il clima di fiducia internazionale. Sono questi gli obiettivi possibili del nuovo governo a partecipazione Cinque Stelle-Partito democratico.

Si tratta di uscire dalla recessione che perdura, aggravata dalla precedente esperienza di politica economica durante il governo di Di Maio e Salvini. Ci sono tutte le condizioni esterne, dell'economia internazionale, che condizionano il nostro paese, e sono favorevoli. C'è un clima di fiducia dei nostri principali partners, testimoniato da uno spread stabile o in riduzione, da tassi d'interesse che diminuiscono sui nostri titoli del debito pubblico. Il ministero italiano dell'economia e della finanza, il Mise, può diventare veramente il ministero dello sviluppo piuttosto che essere soltanto l'amministrazione che gestisce i punti di crisi dell'industria italiana, dove sindacalisti e dirigenti d'imprese in crisi s'incontrano per discutere esuberi di personale e cassa integrazione straordinaria per i lavoratori.

Quale nuovo ingrediente è però necessario che il nuovo governo introduca nella gestione del Mise per farne il gestore della ripresa economica?

Non sarà sicuramente una politica monetaria accomodante, fatta di abbondante liquidità e prestiti meno costosi. A questo ha già provveduto la Banca centrale europea negli ultimi mesi della presidenza di Mario Draghi, che ha prorogato il programma di acquisto dei titoli pubblici sorttoscritti dalle banche commerciali. I denari ci sono e le banche sono pronte a finanziare i progetti delle imprese.

L'ingrediente che manca perchè l'economia italiana esca dalla recessione e dalla crescita zero, è appunto un vasto programma d'investimenti imprenditoriali che assorbano la liquidità stagnante nelle banche, che siano finanziati dai prestiti bancari.

Questa dovrebbe essere la priorità del nuovo governo. Un programma che ricalchi il New deal di Franklin Delano Roosevelt quando divenne presidente degli Stati Uniti nel 1933. Se Roosevelt diceva che "la sola cosa di cui dobbiamo aver paura, è la paura stessa", il nostro nuovo presidente e il suo governo devono pensare e dire che la sola cosa che dobbiamo temere è il declino fatale della nostra società, la stagnazione economica, che ci fa paura se la riteniamo inevitabile.

Per individuare il programma di investimenti necessario a mettere in moto l'economia italiana, non servono gli economisti, specie i professori di economia, che di solito siamo intellettuali astratti, raffinati, oltremodo esigenti. Serve un incontro di lavoro convocato dal ministro dello sviluppo coadiuvato dai suoi dirigenti, al quale partecipino sindacati e rappresentanti degli imprenditori, e soprattutto i delegati delle Regioni e i sindaci delle maggiori città, anche il sindaco di Napoli, personaggio ancora in cerca di autore. Da questo incontro si otterrà in breve tempo la ricognizione dei progetti d'investimenti, quelli esecutivi, pronti a partire, che si candidano ad essere realizzati.

Non ci sarebbe migliore occasione per assegnare al nuovo governo l'etichetta di "governo del fare" al posto del timbro che di solito si appone sui documenti della burocrazia, il timbro del "governo della discussione e del rinvio".