Controcanto leopoldiano
Da pochi giorni è terminata la Leopolda. La prima dopo la scissione dal PD: uno scenario più volte smentito e demonizzato ma poi realizzato da quelli che predicavano unità e rispetto per la maggioranza (a patto che la maggioranza siano loro, s'intende).
La prima edizione della Leopolda, nel 2010, aveva come obiettivo la volgare rottamazione-mai realizzata anche quando si ebbe l'apice politico- mentre la decima, quella conclusa qualche giorno fa, aveva l'obiettivo di rilanciare la figura di Matteo Renzi e del suo nuovo partito, Italia Viva. D'altronde si nasce incendiari per morire pompieri.
Qualcuno sa che in questi tempi dadaisti ho preferito accantonare la mia vis polemica per praticare una meditazione trascendentale ma -purtroppo- quanto accaduto alla kermesse fiorentina mi obbliga a rispolverare la vis polemica di cui sopra. Mettendo da parte la curiosità di molti su come l'ex premier riesca ad uscire da portoni chiusi, è giusto interrogarsi sull'operazione politica che il Senatore di Scandicci intende portare avanti. Come ha scritto magistralmente su L'Espresso Susanna Turco, l'obiettivo di Renzi è quello di "Allargare, annettere, assorbire. A sinistra ma anche a destra. Dal Pd e da Forza Italia. Matteo Renzi celebra la nascita della sua Italia viva sciorinando un programma vecchissimo: rifare una specie di Dc". Purtroppo, per qualcuno, la storia non sembra essere maestra di vita.
L'operazione renziana, per quanto possa apparire nuova, non è altro che l'ennesimo tentativo di una operazione che dal 2010 ad oggi è stata tentata da Casini, Monti e Montezomolo ma mai riuscita, se non con la nascita di piccoli partiti eclissatisi nell'arco di due anni. Un altro aspetto che colpisce è il coro di ringraziamento -quasi religioso- di "grazie Matteo" da parte dei dirigenti e militanti del nuovo soggetto politico, quasi fossero stati liberati da un girone dantesco quando, fino all'altro ieri, la metà di questi erano eletti ed elettori del Partito che oggi demonizzano quasi fosse il male assoluto, l'impedimento alla realizzazione del progetto personale del leader.
Quel leader che gigioneggia sul palco sventolando sondaggi favorevoli che "miglioreranno, perché puntiamo alla doppia cifra come minimo sindacale", dimenticando però di aver perso tutti gli appuntamenti elettorali possibili con alle spalle un partito con più storia, esperienza e struttura di quello nuovo. E poi se grazie alla tua bellissima storia lavorativa e personale diventi dirigente ed eletta del PD e, grazie a questo, sei anche ministro della Repubblica, come nel caso di Teresa Bellanova, ma definisci il tuo ex partito come un "gruppo di bande armate" è ancora più doloroso e grave.
Ad oggi, della Leopolda X, non ci restano che atteggiamenti guasconi e cori di liberazione da non identificati personaggi mostruosi. Per il futuro, le urne così come il grande risultato a due cifre, appaiono ancora lontani.