“BRANDING DALÍ. LA COSTRUZIONE DI UN MITO” in esposizione a Palazzo Fondi
Allestita nella suggestiva cornice di Palazzo Fondi, sito nel centro storico della città di Napoli, è la mostra “Branding Dalì. La costruzione di un mito”, visitabile fino al prossimo 2 febbraio 2020. L’esposizione, inconsueta e ricca di sorprese, è stata organizzata da LelesArt in collaborazione con “Con-fine edizioni” e “Mediterranea Art”, con il patrocinio dello stesso Comune di Napoli.
La mostra, a cura di Alice Devecchi, di cui i testi critici presentati in un catalogo edito da “Con-fine edizioni” stesso, mette in luce l'operazione di branding di se stesso, attuata dal genio catalano durante tutta una vita, in anticipo sulla definizione medesima di brand. Inoltre prende in considerazione una produzione sicuramente meno nota al grande pubblico, che, tuttavia, aiuta a capire come il processo di "dalinizzazione" perseguito insistentemente dal grande surrealista si servisse di canali che esulano dall'ambito auratico dell'arte pittorica tradizionalmente intesa.
Dalì, inoltre, viene assunto anche come simbolo di creatività, innovazione e anticonformismo. Il fatto stesso che nel 2017 “La casa de Papel”, acclamato successo della produzione televisiva prima spagnola e poi americana, costruisca la sua trama su un protagonista di nome Salvador e sull'esplicito riferimento a Dalí come volto eroico di una nuova Resistenza, conferma che il brand, l'icona coi baffi all'insù plasmata su se stesso dal grande surrealista, ha superato la prova del tempo e sia ancora un marchio vincente.
In “Branding Dalì. La costruzione di un mito” sono ben più di 150 le opere esposte provenienti dalla collezione privata di uno dei segretari personali di Dalì, oggi nella raccolta della società francesce Mix’s Art, e orchestrate in un suggestivo allestimento ideato da ART.URO Arte e Restauro. È possibile ammirare preziosi esempi delle sue poliedriche creazioni in ambito di arti applicate, in un percorso che va dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta: pregiate serie grafiche, manifesti, libri, oltre ad oggetti in porcellana, vetro, argento, terracotta.
L'esposizione accompagna il visitatore a scoprire un altro Salvador Dalí. Parallelamente alla produzione artistica più tradizionale e conosciuta che ha dimostrato di saper padroneggiare disinvoltamente, ha tessuto il suo longevo successo su scelte di materiali e tecniche che gli assicurassero di raggiungere più pubblico possibile. Scopo ultimo: trasferire l'aura di unicità dall'opera d'arte all’unicità dell'artista, dai suoi capolavori a se stesso.
Salvador Dalì sceglie tecniche di moltiplicazione meccanica dell'immagine che garantiscono una tiratura, seppur limitata. È il caso della “Tauromachia surrealista”, eliotipie a punta secca (1970), de “I dodici apostoli”, litografie con oro (1977), e delle incisioni a punta secca “Il Bestiario di La Fontaine dalinizzato” (1974). Il tutto è documentato nella mostra insieme alle illustrazioni xilografiche della Divina Commedia (1960-1963), esposta integralmente, in cui ogni canto dispiega tutto il suo immaginario onirico intrecciato ad un registro quasi pop.
Sala per sala viene svelato in “Branding Dalì. La costruzione di un mito” un mondo da cui emergono storie collezionistiche intriganti e poco conosciute, come per “La suite Catalane”, serie di rare mattonelle in terracotta destinate in origine ad una piscina, oppure le bottiglie in edizioni limitate per “Rosso Antico-Vermouth” e quella commissionata per il brandy “Conde de Osborne” di cui realizza il design in porcellana bianca e l’etichetta.
Anche la collaborazione nel 1969 con la SNCF, la compagnia ferroviaria francese, per firmare manifesti pubblicitari che rappresentano le principali regioni della Francia, racconta di una capillare e pervasiva presenza di Salvador Dalí sui media. Altra opera singolare è il piccolo dipinto a tempera e collage “Banderoles en forme de papillon” dedicato a sua moglie Gala, con doppia firma e data.