Campania Segreta: Letino
Il piccolo borgo di Letino, situato a 900 metri sul livello del mare, comprende circa 600 abitanti, ed è sormontato dall’omonimo Castello, che sorge su di uno sperone di roccia a 1200 di altitudine. In origine doveva essere una singola torre per gli avvistamenti, risalente al III secolo d.C., dato che da quella strategica posizione si domina gran parte del Matese, e le valli dei fiumi Lete e Sava.
Il Castello deve essere stato rimaneggiato diverse volte nel corso della storia, perché presenta la base delle torri con la classica forma “a scarpa” tipica degli Angioini, ma le prime testimonianze sono, invece, dell’XI secolo, in periodo tardo Normanno. La difficoltà di effettuare ricerche più accurate, risiede nel fatto che, oggigiorno, la cinta muraria originale comprende il Santuario di Santa Maria del Castello, che ha inglobato due delle cinque torri di avvistamento, e tutto il resto del terreno disponibile del cocuzzolo su cui sorge l’intero complesso, è occupato dal cimitero del paese.
Ma il fatto che esista una sesta torre, con al suo interno un’ampia cisterna ancora visibile, ci indica che all’interno del Castello, un tempo visse un’intera guarnigione di soldati. Come già abbiamo visto nell’articolo precedente su Prata Sannita, che insieme a Fontegreca, Ciorlano, Capriati al Volturno ed altri centri, Letino raggiunse il suo periodo di massimo splendore sotto la reggenza di Ippolita d’Aragona, nel XVI secolo, e con l’approvazione degli “Statuti”, i Letinesi godettero di una certa autonomia amministrativa. Nel ‘600, fu eretto il Santuario, che presenta un portale sormontato da un oculo, e iscrizioni marmoree, inserite nella pietra locale, con cui è interamente costruito.
Sia il paese, che il Castello, sono costruiti su due alture a cavallo tra i laghetti di Gallo Matese e Letino. Entrambi di origine artificiale, il Letino, anche detto di Cauto, dal nome delle vicine grotte, tranquillamente visitabili in tutta sicurezza, è stato formato all’inizio del secolo scorso imbrigliando le acque del fiume Lete, con una diga visibile sia dal paese che dal Castello.
Con questo sistema, si costruì a valle, nelle prossimità del sottostante borgo di Prata Sannita, una centrale elettrica di rilevante importanza. Per questo ed altri motivi, l’articolo si può considerare il proseguimento di quello della settimana scorsa. La centrale idroelettrica di Prata, che come abbiamo appena visto, ricopriva un’importanza strategica per tutta la zona, fu distrutta dai Tedeschi in fuga, alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Fu ricostruita agli inizi degli anni ’50, con tecniche più moderne, utilizzando anche le acque del lago Gallo, e fu per anni, il fiore all’occhiello dell’ingegneria idroelettrica italiana, vendendo energia anche all’estero. Successivamente dismessa, le acque del Gallo sono andate a rinforzare la Centrale di Capriati, ed il suo bacino artificiale, anch’esso già citato sulle pagine di Q.di N., nel numero del 5 marzo 2019.
Quindi ci ritroviamo con un’interessante area di archeologia industriale, data dalla Centrale, e dal tunnel di caduta delle acque, visitabili nei pressi del borgo antico di Prata Sannita, e ne avrei dovuto parlare nel numero scorso, ad essa dedicato, ma era impossibile farlo senza parlare della Centrale e della sua storia, per cui me lo sono riservato a conclusine dell’articolo odierno. Nelle vicinanze, sono anche visitabili i resti di una cartiera, oramai dismessa, che logicamente sorgeva nei pressi del corso d’acqua.