(Capo)Palinuro (prima parte)
Povero Palinuro, figlio d'Ilasio, raggirato dal dio del Sonno. Il nocchiero d'Enea, in viaggio verso il Lazio, era stanco di stare al timone della nave che scivolava lungo la bella costa del Cilento.
La notte era tranquilla e il dio gli sussurrava subdolo: “Costante è il vento, tempo è che posi; china giù la testa e ruba gli occhi stanchi alla fatica. Le tue veci farò per qualche tempo”. Palinuro, fatta qualche debole resistenza, alla fine “allentò gli occhi e gli fu sopra il dio e a capo fitto lo gettò nelle onde”. Enea, rimasto senza l'amico timoniere, accostò alla riva, scese nel regno dei Morti e si fermò sulle rive dell'Acheronte, il nero fiume del dolore, per guardare chi passava dall'altra parte sulla barca di Caronte.
E chi incontra? Proprio Palinuro che, pallido e scontento, lo supplica: “Tendimi la tua destra e su per l'onda portami teco, si che almeno estinto, io trovi requie in placida dimora”. Ma la Sibilla, sempre pronta a dir la sua: “Onde quest'empie brame, Palinuro? I popoli vicini, perseguitati da celesti segni, per tutte le città della lor terra placheran l'ossa un tumulo innalzando ed al tumulo offrendo onor solenni; e il luogo avrà di Palinuro il nome”.
Così racconta Virgilio nell'Eneide. I popoli lucani innalzarono veramente una tomba per il timoniere d'Enea e chiamarono Palinuro il promontorio stupendo che avanza nel mare -quasi fosse la prua di un'antica nave a remi- dalla costa aspra del basso Cilento. Palinuro, dunque, è il nome dato a questa propaggine naturale del massiccio montuoso che culmina sul Monte Bulgheria.
Ed è anche il nome dato al Paese che si trova all'inizio del Promontorio, una frazione dipendente dal comune di Cèntola, che si trova a circa 7 km di distanza, nell'entroterra, a un'altezza di 332 metri sul mare.