Sepino: una meraviglia da scoprire
Per pochi chilometri ci troviamo oltre i confini della Campania, in Molise, quindi non posso inserire questo articolo nella consueta rubrica Campania segreta, ma, venuto a conoscenza di questo sito, non appena è stato riaperto, dopo la chiusura dovuta al Covid 19, mi sono precipitato, roso dalla curiosità. La visita è stata ripagata in pieno dallo splendore dei luoghi, egregiamente conservati e mantenuti.
Arrivarci da Napoli è veramente facile, basta prendere la strada statale che congiunge Benevento a Campobasso, e sulla sinistra per chi viaggia in questa direzione, verso nord, dopo una quarantina di chilometri, c’è l’ingresso dell’area archeologica, che divide il posteggio con l’ottimo e ideale ristorante “Porta Tammaro”, che prende il nome, appunto, da una delle 4 porte d’accesso alla città.
Una maniera più avventurosa per raggiungere il luogo, è attraversare il Matese, partendo da Maddaloni, e proseguendo per Faicchio, Cerreto Sannita e Pietraroja, famosa per il ritrovamento del dinosauro Ciro. Tutti luoghi che abbiamo già visto sulle pagine di Qualcosa di Napoli, negli anni passati, e così facendo ci si arriva da rigogliosi boschi e ameni passi montani, arrivando anche a 1400 e più metri di altitudine, che con il calore di questi giorni, potrebbe essere una cosa gradita.
Come è gradito il turismo nazionale, in questo momento unico e difficile, preferibile a viaggi complicati oltre frontiera, perché abbiamo meraviglie uniche al mondo ed è proprio questo, il momento giusto per valorizzarle.
Sepino, il centro antico, la zona archeologica, perché l’odierna cittadina sorge su di un’altura a poca distanza, ed è comunque un bel borgo medioevale, è costruita sull’antichissimo tratturo Pescasseroli-Candela, già utilizzato per la transumanza dai Sanniti, i primi fondatori della città. Il nome viene dall’Osco, “Saipins”, e poi dal Latino “saepire”, che vuol dire recintare, e ci da l’idea dell’origine dell’importanza e della ricchezza della città, che situata sulla più importante via di passaggio del bestiame, divenne nel tempo un ricco e florido mercato. Passata definitivamente sotto il controllo di Roma dopo la III guerra sannitica, all’inizio del III secolo a. C.; con il passaggio delle truppe di Annibale, vittoriose a Canne, come altri centri dell’Italia del Sud, si schierò con i Cartaginesi, e dopo la loro sconfitta, subì durissime ritorsioni.
Nei due secoli a venire, la popolazione, totalmente romanizzata, conobbe periodi molto fiorenti, dominata dalla “gens Neratia”, ricca famiglia di mercanti, che possedeva anche una fastosa villa a Roma sul colle Esquilino. Le mura furono ampliate e rinforzate in periodo Augusteo, attorno all’anno 0, e numerosi edifici furono eretti: il Foro, le Terme, il Macello, che con la sua forma esagonale, e la pietra del frantoio, posta al centro, è ancora perfettamente visibile. Il Teatro, che a mio parere è un vero gioiellino, e poi la “fontana del Grifo”, fatta costruire insieme ad altri monumenti da Caio Ennio Marso, e suo figlio Lucio Ennio Gallo, che ricoprirono la carica di magistrati, ed al primo è dedicato il Mausoleo che si può ammirare nei pressi di Porta Benevento, appena al di fuori delle mura.
Descrivere accuratamente le bellezze di questi luoghi, richiederebbe un intero trattato, non sono certo sufficienti le poche parole del mio articolo, ma voglio ancora soffermarmi sul percorso ideale di questa splendida visita. Per chi intendesse farla, ripeto che la partenza ideale, c’è anche il posteggio, è da Porta Tammaro, così denominata perché posta nella direzione del fiume Tammaro.
Siamo sul Cardo, che i conoscitori della struttura cittadina romana, sanno essere attraversato longitudinalmente dal Decumano, e qui il selciato è conservato in maniera ottima, e se ne può osservare perfettamente il percorso fino a Porta Boiano, la più magnificente delle quattro. Una visita speciale, la merita il teatro, sul cui proscenio è stata costruita una casa coloniale, come sulla “summa cavea”, gli spalti superiori, ci sono altre costruzioni rurali, sorte nel ‘700, e che danno ai luoghi un’ulteriore magia.
Naturale fine della scampagnata, è il ristorante, dove molto probabilmente avrete lasciato l’auto.