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23 ottobre 2020, Napoli spaccata

Scritto da Vitaliano Corbi Il . Inserito in Vac 'e Press

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“Ma cosa c’è di tanto pericoloso nel fatto che la gente parla e che i suoi discorsi proliferano indefinitamente?” (M.Foucault, L’ordine del discorso e altri interventi, 1971)

In seguito alla guerriglia urbana avvenuta a Napoli nella serata di ieri, 23 ottobre, quando centinaia di persone hanno manifestato la propria rabbia per il coprifuoco imposto, abbiamo assistito a una produzione di discorsi solo all’apparenza incontrollata e variegata.

 

I social strabordano di riflessioni che a uno sguardo più attento, nella loro banalità e analogia reciproca, sono iscrivibili all’interno di uno stesso frame narrativo che ha la funzione rassicurante di governare l’evento, ma soltanto in superficie, offrendo l’illusione di evitarne, invece, l’inquietante corporeità.

Si tratta di pratiche discorsive piuttosto vecchie, utilizzate oggi anche dai più giovani, che individuano nella protesta violenta dei napoletani delle colpe storiche, prime fra tutte l’arretratezza e l’ignoranza. E qui, purtroppo, ci tocca fare i conti con due categorie che sembrano essere iscritte geneticamente in una parte della popolazione di Napoli.

Ciò che traspare dalle prediche sul web è la riaffermazione, più ideologica che concreta, di una convivenza conflittuale tra due anime nella stessa città: quella borghese, civile, moralmente retta, ossequiosa nei confronti delle norme e del rigore, istruita e progredita tanto da non voler neanche più definirsi borghesia; e la plebe, primitiva, anarchica e al tempo stesso corrotta, romanticamente irrecuperabile.

Sarebbe utile procedere ad una decostruzione di quest’ordine discorsivo, che lui sì, ha la colpa storica, di etnicizzare e inferiorizzare il territorio e chi lo abita, e spostare l’attenzione sul fallimento, non certo recente, delle politiche socio-economiche attuate nelle numerose realtà di altissimo disagio sociale.

Non è facile, in molti casi, smettere di provare rabbia e frustrazione per le immagini che i telegiornali ci hanno mostrato e continueranno a mostrarci riguardo ai disordini di ieri sera, ma risparmiarsi le valutazioni morali è un passo avanti decisivo per un percorso di svelamento di verità. Le scelte drastiche degli altri, soprattutto quando eticamente all’opposto delle proprie, risultano incomprensibili innanzitutto se si pone se stessi come metro di giudizio.

Ogni evento distante dal sé si trasforma in un accidente che intossica il proprio micro mondo fatto di purezza e di rettitudine: la morale è ancora una volta lo strumento prediletto per rafforzare la nostra serenità macchiata di inedia.