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Al San Carlo tutti in cassa integrazione: scatta la protesta

Scritto da Matteo Zapelli Il . Inserito in Teatro

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Gli effetti del Covid si fanno sentire anche sul teatro più prestigioso della nostra città, il San Carlo: è scattata la cassa integrazione per i 320 lavoratori del Massimo napoletano. Sono stati coinvolti tutti: orchestrali, corpo di ballo, coro, tecnici e amministrativi.

A partire dal prossimo 7 aprile e per le successive 12 settimane. Una decisione amarissima, presa dal sovrintendente Stéphane Lissner con le proteste dei sindacati di Cgil, Cisl, Uil, Faisal ed Rsu. Lissner ha affermato che «l’esigenza di avviare le procedure finalizzate ad ottenere i benefici dell’assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale» ma, per capirci, parliamo di cassa integrazione. Tanto che la Slc Cgil fa due conti: «Un orchestrale, giusto per dire, perderebbe mediamente al mese circa 900 euro; moltiplicato per tre mesi sarebbero 2.700 euro circa». Il piano, precisano, «sarà applicato in maniera unilaterale, dopo la comunicazione di oggi, fatta tra l’altro senza nessun preavviso».

Ricordiamo che esattamente un anno fa, durante il primo lockdown causato dall’emergenza sanitaria Sars-Covid19, la dirigenza della Fondazione si era avvalsa dello strumento del Fis, spalmandolo nel tempo anche con lo smaltimento delle ferie («serbatoio oggi esaurito e che già all’epoca contestammo perché era il lavoratore che quasi pagava da sé la cassa integrazione», afferma la Cgil), formazione in loco e comunque un minimo di attività dei lavoratori salvaguardata. Occorre «anche specificare — spiega la Cgil — che sarà bloccata l’intera programmazione del Massimo napoletano. Ricordo, tuttavia, che lo stesso Lissner aveva annunciato in pompa magna la prosecuzione delle attività, seppur rimaneggiate in chiave digitale. Ma così non è stato».

Che fine ha fatto la tanto annunciata piattaforma streaming che avrebbe dovuto rilanciare le attività on line a beneficio degli spettatori e, magari, risollevare le finanze del teatro? Pare che sia risultata troppo costosa e troppo macchinosa per essere sviluppata in tempi rapidi. Alcuni sostengono che potrebbe essere pronta per settembre, quando potrebbe essere troppo tardi o potrebbe servire a ben poco. I sindacati, dunque, rigettano il piano senza mezzi termini e annunciano proteste eclatanti. C’è tempo fino al 7 aprile per un ripensamento da parte della direzione, nella speranza che possa essere rinvenuta una soluzione più comoda per tutti.