Ariaferma: il nuovo film di Di Costanzo con Toni Servillo e Silvio Orlando
La trama di Ariaferma, il nuovo film di Leonardo Di Costanzo, è semplicissima: un carcere in pessime condizioni sta per essere dismesso ma, per un intoppo burocratico, dodici detenuti e cinque agenti della polizia penitenziaria sono costretti a rimanerci all’interno per alcuni giorni. Da qui, sorge la necessità per gli agenti di dover gestire la difficile situazione, rimodulando la propria prassi lavorativa e finendo per riconfigurare le dogmatiche dinamiche relazionali con i detenuti.
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Tony Servillo, nei panni di Gaetano Gargiulo, viene nominato ispettore e, più di tutti, sarà l’uomo che sperimenterà sulla propria pelle l’esigenza di un nuovo approccio nei confronti di chi si trova dall’altro lato delle sbarre, tra cui Silvio Orlando che interpreta Carmine Lagioia.
Ariaferma è il film che, più di tutti gli altri quest’anno, mette la realtà davanti alla narrazione. Quasi si avverte il profondo rispetto del regista Di Costanzo nei confronti del reale che costringe il linguaggio narrativo classico a indietreggiare. Lo spettatore in sala sente il tempo che scorre, lo percepisce attraverso le inquadrature lunghe, dilatate e tendenti alla rarefazione.
Il grande protagonista di Ariaferma è lo sguardo, il tentativo di controllarlo, e la sua metamorfosi: lo sguardo dell’ispettore Gargiulo, dapprima impaurito, a tratti sprezzante, infine aperto all’alterità; lo sguardo del detenuto Lagioia, disilluso, desiderante e commosso. E la trasformazione dello sguardo portata in scena produce una riflessione profonda sul “vedere” come atto conoscitivo per eccellenza, chiave d’accesso all’anima umana.
Durante tutto il film sembra che debba accadere qualcosa di decisivo, un qualcosa che finisce per non accadere mai. Questo meccanismo, oltre a tenere viva una suspence costante, sembra voler trasmettere una lezione dai toni neorealisti: non dare per scontato il rapporto tra il cinema e le cose. Il cinema non è sempre al servizio di chi lo guarda.
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