Come sta l’indie italiano?
C’è un artista che potrebbe essere definito il massimo esponente del cantautorato indipendente, considerato ormai come vero e proprio genere indie, che ha mobilitato masse di ragazzi e adulti da tutt’Italia esibendosi tantissime volte in concerto.
Il suo nome d’arte è Calcutta. Difficile che qualcuno non l’abbia sentito nominare. Molto più facile è che chiunque abbia almeno ascoltato anche solo un minuto di un suo brano, magari dalla radio sparata ad alto volume del bar in cui si è seduti per sorseggiare un caffè.
Nulla di strano o di particolarmente interessante verrebbe da dire, se non fosse che
la natura delle sue canzoni, dei suoi testi e dell’atmosfera che li avvolge, sia la stessa di una miriade di altri cantautori, poco noti, che proprio come lui scrivono e cantano da tempi molto meno recenti. Per i “veterani” del genere indie italiano, fino ad ora fieri dell’esclusività autoreferenziale nell’ascolto delle proprie amate canzoni di nicchia, e paghi di un sentirsi diversi dalla stragrande maggioranza di pubblico musicale, un cambiamento di tale portata appare come un mistero irrisolvibile. Calcutta all’improvviso incanta, e non più solo chi dal computer della sua cameretta aveva scoperto un nuovo genere misconosciuto da condividere con gli amici più intimi. Provando a dare una risposta ad un fenomeno innegabilmente intrigante, si può partire da un’osservazione più psicologica sull’incremento di uno stato d’animo diffuso nei giovani, che trova rispecchiamento e antidoto nelle parole urlate a squarciagola da cantanti come Calcutta e simili.
L’inadeguatezza, l’ansia, l’instabilità e l’unica certezza di “non sapere niente”, da
fattori invalidanti e antisociali, diventano punto d’unione, forze convergenti e non più di pericolosa polarizzazione. Tutto ciò perché questa tipologia di brani acquisisce il grande merito di esorcizzare le paturnie, le fragilità immobilizzanti, riunendo in una provincia persone profondamente diverse, trovando finalmente il potere di estrapolarsi da un target settoriale e stantio. Non c’è quindi da indignarsi se “adesso tutti ascoltano Calcutta, i Thegiornalisti e Lo Stato Sociale, mentre prima eravamo io e il mio vicino di casa”, bensì da compiacersi che in fondo non si è più tanto soli nel trovare un rimedio comune al disagio. Mentre la trap avanza, l’autotune la fa da padrona, resiste irriducibilmente un sentimento “indie” che ognuno di noi conserva gelosamente nel cuore.