La stampa della Rivoluzione Francese (prima parte)
Prima della Rivoluzione la Francia, contrariamente all’Inghilterra e alla Germania, non possedeva una stampa di qualche rilievo. Il giornale non poteva attecchire in una nazione in cui imperavano una censura oscurantista e un rigido dispotismo mentre non riusciva a trovare appoggio e comprensione dagli stessi intellettuali che lo consideravano inutile, se non dannoso. Soltanto nel 1777 apparve infatti il primo quotidiano, il ‘Journal de Paris’, che ebbe vita stentata (e fu sospeso d’autorità durante la Rivoluzione).
Rarissimi anche i periodici (letterari e scientifici), uno solo dei quali, il ‘Mercure de France’, nato nel 1724 (e diretto dal 1788 dal Mallet du Pan) giunse sino alla Rivoluzione. Ma il maggio-giugno 1789 vide un’autentica fioritura di giornali: si calcola che nell’estate di quell’anno raggiunsero il numero di 250, molti dei quali tuttavia cessarono le pubblicazioni entro dicembre. Formalmente illegali fino ad agosto (quando fu votato l’art.2 della Dichiarazione dei diritti che proclamava <<La libera circolazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo…>>), acquistarono ben presto un’autorità e un peso notevolissimi nelle vicende politiche della Francia del tempo.
La necessità di riferire giorno per giorno i dibattiti dell’Assemblea trasformò i fogli in quotidiani (donde “giornale”) e i redattori, impegnati quotidianamente, in giornalisti professionisti. Tra i primi giornali sparsi si citano: l’ ‘Observateur’ di Gabriel Feyder; il ‘Courrier de Provence’ di Mirabeau; il ‘Courrier de Versailles’ (poi ‘Courrier des 83 départements’, detto semplicemente ‘Courrier de Gorsas) diretto dal girondino Antoine-Joseph Gorsas; il ‘Patriot francais’ di Brissot; ‘Point-de-vue’ di Barère. Nel luglio 1789 iniziò le pubblicazioni ‘Les Révolutions de Paris’ che, diretto dal giovanissimo avvocato Elisé-Loustalot ed edito da Proudhomme, divenne subito popolarissimo. Diffuso in tutta la Francia raggiunse spesso le 200 mila copie, una cifra enorme per l’epoca: si pensi che l’ ‘Ami du Peuple’ di Marat, al quale si dovette, fra l’altro, l’insurrezione del 10 agosto, non tirava più di 10 mila copie.
Nell’autunno del 1789 videro la luce anche gli ‘Annales patriotiques’ di Mercier e Carra (due ottimi giornalisti) che ebbero grande successo nel periodo girondino (1792-93); il ‘Courrier de Brabant’ di Camille Desmoulins e l’hebertista ‘Orateur du Peuple’ di Stanislas Fréron, uno dei quotidiani più intransigenti e radicali della capitale. Sempre nel 1789 sorsero numerosissimi anche i fogli monarchici, tutti risolutamente controrivoluzionari. Sovvenzionati dalla lista civile della corona (venticinque milioni di franchi) si imposero, fra gli altri: l’ ‘Amis du Roi’ dell’abate Royou (così ottusamente reazionario che il fratello, buon patriota, preferì cambiare cognome); gli ‘Actes des Apotres’ di Poltier (la ragione della testata non fu mai chiarita); e le ‘Courrier francais’ fondato dall’abate Poncelin de la Roche-Tilhac. A Charles-Joseph Panckoucke si deve il ‘Moniteur’ (che ebbe poi vita lunghissima), specializzato in resoconti “obiettivi” delle sedute parlamentari. In realtà fu sempre dalla parte del partito vincente: fu di volta in volta partigiano dei girondini, dei giacobini, del Direttorio, ecc. I suoi resoconti furono quindi spesso autocensurati e peccano di inesattezza.
Vita lunghissima (sino alla II guerra mondiale) ebbe anche il ‘Journal des débats’ di Gaultier de Bianzat, più imparziale e attendibile del precedente. I giornali della Rivoluzione erano essenzialmente opere personali del direttore che, quasi sempre, ne era anche l’unico estensore e il proprietario. Non erano rare però le collaborazioni; Marat, per esempio, scrisse più di un articolo per l’ ‘Orateur du Peuple’. Si scoprì ben presto che il giornale poteva costituire, finanziariamente, un buon affare. Loustalot, Proudhomme, Panckoucke e altri si fecero una fortuna; in ogni caso se il direttore era un uomo politico in vista, il successo finanziario era assicurato.